Ecco i primi elaborati realizzati dai ragazzi delle scuole pugliesi nell'ambito di «Carta Canta. Ecologia + Economia a Scuola», iniziativa realizzata da Confindustria Bari e BAT, Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia Ambito Territoriale di Bari Ufficio III, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Puglia, EDIME – Società editrice del Mezzogiorno srl, con il sostegno della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bari e con la collaborazione di 48 edicole del territorio.
Tra antichi detti popolari e storia: «Scevenazze, mange pestazze»
Giovani cittadini scoprono come dietro un famoso detto ci sia parte importante della storia del loro paese.
“Scevenazze mange pestazze”: ma perché quando parlano di noi viene sempre fuori questo detto?
Lo abbiamo scoperto intervistando gli anziani del nostro paese, raccogliendo testimonianze,
consultando testi scritti da illustri storici locali e avvalendoci del prezioso contributo dei componenti
dell’Associazione Juvenatium.
Abbiamo scoperto che la famosa chiesa di San Domenico fu costruita, insieme al suo imponente
convento, intorno al 1700, su commissione dei Frati Domenicani, un ordine molto ricco e
benestante.
A tanta ricchezza si contrapponeva fortemente, in quei tempi, la povertà di buona parte degli
abitanti di Giovinazzo: erano anni segnati da lunghi periodi di carestia e perciò molto spesso la gente
non aveva di che sfamarsi.
Fondamentale per la sopravvivenza, si rivelarono le carrube (le “pestazze”, nel dialetto locale),
preziosi frutti prodotti da alberi molto diffusi nelle nostre campagne da cui, una volta essiccati, si
ricavava una farina dal sapore dolce, simile a quella del cioccolato.
La carruba fu per tanti anni fonte di nutrimento non solo per animali ma anche per le persone.
Utilizzato come ingrediente principale di pietanze e dolci, con l’uso se ne scoprì anche il potere
curativo: trattato come decotto, da questo frutto si otteneva uno sciroppo efficace per sedare la
tosse e per risolvere problemi intestinali.
Il carrubo, quindi, con i suoi preziosi frutti ha salvato per tanti anni la popolazione di Giovinazzo dalla
carestia e dalla fame.
Quanto al famoso detto, quindi, non possiamo che esserne fieri, perché dietro questo frutto c’è una
parte importante della nostra storia.
















