BARI - Guardare troppo in là sarebbe un errore gravissimo, mai come in questo momento. Non servono tabelle a cinque giornate dalla fine della regular season, quello che conta è puntare al massimo in ogni partita. Possibilmente evitando, anche, di lasciarsi andare a valutazioni che attengono alle motivazioni avversarie. Il Cosenza che potrebbe essere già retrocesso alla terz’ultima tappa o il Pisa già in serie A, una settimana dopo. No, il Bari guardi in casa propria. Provando quell’accelerazione (continuità di vittorie) che troppe volte ha fatto difetto in questa stagione. Era già successo, insomma, che la squadra desse segnali importanti. Salvo, poi, ritrovarsi con il più classico del pugno di mosche.
Si è parlato a lungo del secondo tempo a Carrara. Una «lezione» che tanti hanno voluto rappresentare come il punto di svolta della ripartenza a tinte biancorosse. Tocchi il fondo e trovi le energie mentali per cambiare il corso delle cose. Forse, chissà. La realtà dice che qualcosa è successo. La scintilla dell’orgoglio, a un passo dal baratro in quel di Catanzaro. La voglia matta di dimostrare che il gruppo è unito e, soprattutto, ha un’anima. Il cuore oltre l’ostacolo, la capacità di tirare fuori il meglio al culmine delle difficoltà. Però poteva essere il classico episodio, la rondine che non fa primavera. Aspettando la partitissima contro il Palermo che, al netto delle clamorose mancanze siciliane, ha certificato l’alba di una nuova rotta. Quella definitiva? Assolutamente no. E chi si fida di questo Bari? Speranza, sì. Fiducia, anche. Ma le certezze sono un’altra cosa. E, di solito, hanno poco a che fare con un campionato illeggibile come quello di serie B.
A Longo il compito di normalizzare la situazione. Senza commettere l’errore di dare all’allenatore poteri taumaturgici. Un errore sempre più comune che finisce, poi, inevitabilmente per ritorcersi contro l’ipotetico «mago». E sì, perché con i tifosi funziona così. Basta un attimo e te li ritrovi a chiederti un conto salatissimo. Quasi che il tecnico incida più dei calciatori.
Longo, già. Da un lato l’obiettivo playoff. Dall’altro l’esigenza di addestrare un gruppo di calciatori chiamati a diventare sempre più squadra. Un concetto, quello di squadra, che attiene il più delle volte alla questione mentale. Puoi ambire alla vittoria quando sei forte dentro. Non bastano le conoscenze. La svolta si chiama mentalità e non c’entra con il bel gioco o l’atteggiamento particolarmente offensivo. La mentalità è nei dettagli, sette giorni su sette in campo e fuori.
A Bolzano, nel giorno di Pasquetta, l’occasione giusta per fare un altro passettino verso una credibilità certificata. Senza le concessioni tattiche del Palermo sarà importante verificare che non s’è persa per strada la capacità di indossare abiti diversi nella stessa partita. Perché, poi, la svolta è tutta qui. In un mare di equilibrio, e tanta mediocrità tecnica, conta tantissimo la capacità di adattamento. All’avversario, al tipo di partita e agli spigoli del momento. Battere il Sudtirol vorrebbe dire tanto. Non il via libera per i sogni, certo. Ma una carezza sul cuore di una tifoseria pazzesca. E una ventata di ottimismo nel momento chiave della stagione.