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Lecce, Liverani: «Si riapra ma guai ad altri stop»

 
Antonio Calò

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Antonio Calò

Il tecnico del Lecce Fabio Liveraniare un gruppo in squadra

Il tecnico: «Qui sto bene perché c’è voglia di crescere»

Giovedì 30 Aprile 2020, 12:32

LECCE - A colloquio con Fabio Liverani, allenatore del Lecce, nel giorno (ieri per chi legge ndr) del suo 44esimo compleanno.

Auguri mister. Come ha festeggiato?

«Nulla di particolare. Sono in casa, come la stragrande maggioranza degli italiani, com’è giusto che sia, stante la pandemia in atto».

Il 29 aprile 2018 ha fatto festa al Via del Mare, brindando alla promozione dalla C alla B. Che significato ha quel giorno?

«È stato il primo grande successo centrato con il Lecce, dal quale è iniziato tutto. In quel momento sono nati l’entusiasmo e la coesione che hanno caratterizzato l’ambiente giallorosso nel 2018/2019 ed in questa stagione. In C, i tifosi ci hanno sempre seguiti in massa, ma in loro si avvertiva la frustrazione e la rabbia per il fatto di dovere vedere la loro squadra in un campionato che non le competeva per storia e blasone. In B e quest’anno in A la passione dei nostri supporter è stata gioia ed orgoglio».

Quarantaquattro anni inducono a fare più bilanci o progetti?

«Per i bilanci c’è tempo, meglio guardare al futuro, pur in momento nel quale non è semplice. Ma bisogna essere positivi. Spero che ci si possa lasciare alle spalle quanto prima la brutta situazione attuale e che tornino gli allenamenti, le partite, tutto ciò che amiamo».

Nel 2020/2021 resterà alla guida del Lecce?

«Nel club (al quale è legato contrattualmente sino al 2022 ndr) e nella città salentina mi trovo benissimo. C’è la volontà reciproca di proseguire il cammino insieme e c’è, da ambo le parti, il desiderio di crescere. Oggi ipotecare il futuro sarebbe impensabile. Quando sarà il momento affronteremo l’argomento e cercheremo la giusta sintonia, che tra l’altro c’è stata sempre».

Il ministro Spadafora ha dichiarato che «il sentiero per riprendere il campionato è sempre più stretto». Cosa ne pensa?

«Per quel che riguarda il Lecce, abbiamo sempre detto che al primo posto vada messa la salute di tutti, quindi anche dei calciatori, che sono dei cittadini come gli altri. Purtroppo, bisogna ammettere che esistano diverse criticità con le quali fare i conti. Una cosa è certa, bisognerà valutare bene se esiste la certezza di ripartire e di portare a termine il percorso perché, in caso contrario, i danni rischierebbero di essere maggiori di quelli che si creerebbero decidendo di non proseguire».

Qualora si andasse avanti, lo si farebbe dopo uno stop agonistico di almeno due mesi e mezzo, scendendo in campo ogni tre giorni, per di più in estate. Cosa significherebbe?

«Innanzitutto che prima di disputare una partita ufficiale di campionato bisognerebbe potersi allenare minimo per un mese. Non si può pensare, altrimenti, di sottoporre i calciatori allo stress psico-fisico derivante dal dovere giocare per 45 giorni con frequenza inusuale per la maggior parte di loro, con una temperatura di 30 gradi. Naturalmente queste condizioni sarebbero le medesime per tutti i team, ma per quelli costruiti per la salvezza, quindi per un torneo che prevede, di norma, un solo match a settimana, e che dispongono di 20-21 calciatori, sarebbe molto dura affrontare un terzo della stagione a ritmi serrati».

Nel caso in cui non si potesse concludere il campionato ci sarebbe il problema dei verdetti. Come procedere?

«Non ho specifiche competenze in proposito. Il presidente Sticchi Damiani è uomo di legge ed è un esperto di regolamenti e di carte federali. Mi limito a constatare che, ad oggi, ho sentito ipotizzare tre soluzioni, ovvero che i campionati non produrrebbero alcun effetto come deciso in Olanda, che si opterebbe per una serie A con 22 squadre nel 2020/2021 oppure che ci sarebbero due sole retrocessioni a fronte di due promozioni in quanto, non potendosi disputare i playoff di B, non sorgerebbe il diritto di una terza formazione al salto di categoria».

Come cambierà il calcio?

«Ci sarà una crisi sul piano economico. Per risolverla non si potranno certo pretendere fondi dal governo, dal quale però è lecito attendersi strumenti che permettano ai club di reperire i finanziamenti necessari. Una possibilità sarebbe quella di permettere sponsorizzazioni da parte delle agenzie di scommesse, come avviene altrove senza problemi».

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