BRINDISI - Anche la nuova pagina TikTok «Pentiti brindisini» è stata oscurata dalla polizia postale. Da ieri mattina non è più visibile. La Dda aveva oscurato la prima pagina ma era riapparsa ex novo dopo poche ore. La pagina mirava a mettere alla gogna i collaboratori di giustizia brindisini, con foto, nomi e cognomi di alcuni di loro. Nei giorni scorsi sulla pagina erano stati pubblicati anche gli stralci di alcuni verbali, con offese e incitazioni alla violenza contro i collaboratori di giustizia e i loro familiari. A fare da sottofondo alle foto c'erano brani neomelodici. La pagina aveva raggiunto circa 1.600 follower, ottenendo 2.500 «mi piace». Poi, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, era stata rimossa ma poche ore dopo si poteva trovare online una nuova pagina dello stesso tenore, arricchita di nuovi contenuti.
Sulla vicenda è intervenuta anche Libera Puglia: «La notizia di un profilo social anonimo contro collaboratori di giustizia della Sacra corona unita e presunti confidenti, con una cinquantina di video e foto dei primi collaboratori fino a quelli attuali, oltre che stralci dei verbali di collaborazione - afferma l’associazione antimafia - è un ulteriore segnale della rinnovata presenza e pericolosità della Sacra corona unita nella provincia di Brindisi e, più in generale, delle mafie nel sud della Puglia. Dopo alcuni omicidi e sparatorie, dopo le diverse minacce e intimidazioni, persino all’indirizzo di esponenti della magistratura e delle forze dell’ordine, una notizia simile è un’ulteriore dimostrazione di quanto la Scu sia attiva anche sui canali di comunicazione social e di come li utilizzi sempre più per diffondere violenza, omertà e prepotenza».
La gip del tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano e la pm antimafia Carmen Ruggiero, sotto scorta da circa un anno dopo aver firmato gli atti dell’inchiesta «The Wolf» contro la Sacra corona unita, hanno ricevuto per mesi lettere intimidatorie con minacce di morte e sono state vittime di tentativi di aggressione durante gli interrogatori. Davanti all’ingresso di casa della gip Mariano fu lasciata una testa di capretto insanguinata e infilzata con un coltello da macellaio, accompagnata da un biglietto su cui era scritto «Così».
Il deputato della Lega Davide Bellomo, componente della commissione Giustizia, trova «inconcepibile che le mafie pugliesi continuino a usare pagine social per veicolare minacce violente e messaggi volgari contro chi, con coraggio e determinazione, ha scelto di pentirsi e di avviare un nuovo percorso di vita all’insegna della legalità. Questi fatti rappresentano un segnale di grave allarme sociale e necessitano di una risposta pronta, dura ed efficace da parte dello Stato». Anche alla luce della «pubblicazione di stralci di verbali di collaborazione che dimostrano chiare connivenze e diventano una vera e propria sfida alle istituzioni da parte di chi è convinto, evidentemente, di godere di protezioni e impunità. La lotta alle mafie non può consentire alcuna falla. Anche per non vanificare il lavoro prezioso di magistrati impegnati in prima linea e di forze dell’ordine che in maniera capillare sono al fianco degli imprenditori e dei cittadini onesti. Il consenso alle mafie, che arriva da una parte per fortuna minoritaria del territorio, è una forma di autolesionismo. Non possiamo consentire che si allarghi in maniera distorta e fuorviante attraverso i moderni mezzi di comunicazione». Bellomo conclude augurandosi che «l’indagine in corso su quanto accaduto individui presto chi c’è dietro questi profili, chi ha commentato favorevolmente queste vergogne mediatiche e se ci sono precise ipotesi di reato aggravate dal metodo mafioso».