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Brindisi, rivoluzione nella cantieristica navale

 
angelo sconosciuto

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Brindisi, rivoluzione nella cantieristica navale

Pronti a produrre navi ad idrogeno con design e «cuore» italiani

Venerdì 24 Novembre 2023, 07:00

BRINDISI - La rivoluzione nella cantieristica navale mondiale è iniziata e c’è un futuro per Brindisi proprio su questo versante: regole rigide impongono la svolta sui temi della salvaguardia ambientale e la realtà brindisina, proprio accettando la svolta dell’innovazione, può rafforzare la sua vocazione marittima e portuale, ma soprattutto crescere e creare occupazione. Da questa rivoluzione e dalle urgenze imposte dall’ordine mondiale, Brindisi può diventare una capitale dell’economia marittima sul fronte della cantieristica navale, puntando su modelli all’avanguardia ed unendo quel tocco di design italiano, che rende ogni produzione tricolore unica nel suo genere. Il gotha delle imprese private italiane conosce il progetto e ci crede; la ricerca sta già lavorando a soluzioni innovative; la politica si è già mossa; il Governo dovrebbe occuparsi del progetto a brevissimo.

«Senza enfasi la rivoluzione in corso è paragonabile a quanto accaduto a fine ‘800, quando dalle navi in legno si passò a quelle in acciaio e dalla vela si passò al vapore», dice Francesco Cuppone, presidente e amministratore delegato di «Adriatic Green Shipyard srl», società che, progetto e business plan pronti, intende realizzare a Brindisi un cantiere navale per produrre traghetti con propulsioni a basso impatto ambientale. E spiega: «L’Organizzazione Marittima Interazionale-Imo già da qualche anno ha emanato norme stringenti circa il traffico marittimo che inquina tantissimo e queste disposizioni sono state già fatte proprie dai paesi del Nord Europa che si affacciano sul mar Baltico e sul Mare del Nord, dagli Stati Uniti e dai Paesi dei Caraibi. Il Mediterraneo non è stato ancora toccato, ma lo sarà nei prossimi anni con le norme europee che sono, se vogliamo, ancora più stringenti e tutto questo porterà ad una rivoluzione».

Insomma fra pochi anni il naviglio mondiale dovrà cambiar pelle (e non solo) e il business, con e il conseguente sviluppo delle comunità che si affacciano sul mare, sarà nei cantieri navali capaci di cogliere la sfida.

«Ne ha parlato il Piano del Mare, approvato a fine ottobre – dice Cuppone -, un documento che individua le direttrici strategiche e la politica del governo circa l’intero comparto marittimo. Si parla anche dei cantieri navali e questo è un dato rilevante perché c’è un mercato globale di 3mila miliardi di dollari collegato al rinnovo di tutta la flotta delle di tutte le navi in esercizio. Solo per i traghetti in circolazione in tutto il mondo parliamo di oltre 4000 navi, 1600 delle quali nel Mediterraneo e del settore dei traghetti, sul quale c’è da fare un lavoro immenso. L’Italia in questo settore si è dileguata progressivamente negli ultimi 30 anni, ha chiuso i cantieri; oggi il loro numero è ridotto al lumicino e ci siamo chiesti – dice Cuppone -: perché l’Italia non torna nell’importantissimo mercato dei traghetti con una domanda che riguarda sia quelli “solo passeggeri” (i c.d. “fast ferries”) , sia quelli “passeggeri e veicoli” (i c.d. “Ro-Pax”) ? Di queste navi, se noi ci limitiamo solo alla grandezza lunghezza media fino a 150 metri, c’è un fabbisogno di quasi 150 unità, che vanno sostituite nei prossimi 10 anni e che hanno oltre trenta anni di vita nei tre paesi mediterranei che hanno le flotte più importanti (Italia, Grecia e Croazia), ma soprattutto che hanno emissioni fuori dalle norme e che dovranno essere sostituite. Nell’attuale situazione, un armatore o la va a comprare in Cina o in Turchia e per quella veloce solo passeggeri in Spagna…».

In Italia non ci sono cantieri, ci ha detto…

«L’Italia non c’è più in questo mercato, eppure un Paese come il nostro dovrebbe esserci, e con esso il nostro Sud che avrebbe tanto lavoro e prospettive per i giovani che potrebbero evitare di andare via. Sicilia, Calabria e Campania hanno il tasso di occupazione giovanile più basso di tutta l’Europa... La cantieristica è lavoro; noi eravamo tra i più forti produttori di naviglio e adesso è giunto il momento di tornarci».

Ma a quali condizioni?

«A condizioni di essere innovativi. Ho messo insieme la migliore squadra, coinvolgendo la Facoltà di Ingegneria navale dell’Università di Trieste, l’ex direttore di produzione di Fincantieri, i consulenti per i mercati dei trasporti marittimi della Commissione UE ed oltre ad una serie di imprese con le quali abbiamo già redatto un business plan e che adesso vogliamo a tutti i costi realizzare».

Perché ha calibrato l’investimento su Brindisi?

«Siamo stati accolti con grande apertura e disponibilità dal Presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale ed abbiamo svolto le nostre indagini su tutta la costa adriatica della Puglia, guardando ai suoi porti. Ci siamo accorti che il posto più adatto è il porto di Brindisi, dove non esiste un appezzamento che è da dedicare alla realizzazione del cantiere, ma uno specchio di mare a Oriente di Capo Bianco, dell’ex colmata di British gas, verso Oriente e le vicino alle isole Pedagne, appunto. Nel Piano regolatore portuale deve diventare una colmata di 15 ettari ed è lì che noi vogliamo andare a realizzare il nostro cantiere».

Ma Brindisi quali vantaggi trarrà?

«Sarà un cantiere navale all’avanguardia per il manifatturiero con 600 lavoratori diretti ed ho valutato circa 3/400 lavoratori indiretti. Parlo di un cantiere navale dotato di strutture all’avanguardia, con centro ricerche ed un centro di formazione perché a Brindisi non c’è una tradizione navalmeccanica per cui bisognerà formare i nostri addetti, perché avremo specialità di grande professionalità, fino ad arrivare alle specialità più significative, agli apparati digitali e soprattutto intendiamo essere innovativi sulla propulsione non inquinante. Partiremo con soluzioni motoristiche ibride, quindi navi con due motori: con un motore elettrico e uno a combustione gnl, ma l’obiettivo è, nel corso di 5-7 anni, di approdare all’idrogeno, che è l’alimentazione che garantisce l’assenza assoluta di emissioni».

Dicono che l’idrogeno porti problemi di sicurezza…

«Sui treni in Germania è già in uso, viene miscelato a gas naturale nel rapporto di 10/100... A bordo di una nave, c’è un problema di temperatura e c’è un problema di pressione perché dev’essere mantenuto, l’idrogeno, a pressioni molto elevate e questo problema non è stato ancora risolto. La tecnologia va a passi da gigante, però, e c’è una tecnologia in Israele, ad esempio, che offre vantaggi per lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno a bordo».

Insomma, sembra di capire che molto si gioca sulla acquisizione di tecnologie, che significa anche schierarsi per una soluzione piuttosto che per un’altra…

«Stiamo per acquisire una tecnologia importante nel mercato dei traghetti a livello europeo. Oggi nel mercato dei traghetti esistono due gruppi di fornitori: i Cinesi che vendono i traghetti a peso; gli Australiani e gli Scandinavi, i Norvegesi in particolare, che si sono specializzati nelle navi ad altissimo contenuto tecnologico, i catamarani. Noi non vogliamo che un cantiere italiano competa con i cinesi che hanno studiato a tavolino, come distruggere la cantieristica occidentale. Il programma del governo cinese denominato “made in China 2025”, scientemente dal 2015, ha studiato e messo in atto l’attacco verso 10 comparti industriali per mettere in crisi l’Occidente e la cantieristica navale è tra questi. Quindi pensiamo a portare sul mercato navi frutto della grande progettazione navale italiana dove abbiamo primeggiato; navi dal grande valore estetico; navi belle come il Rex, l’Andrea Doria… Ci ispireremo a quei contenuti estetici che sono nostri, coinvolgeremo nella progettazione delle navi studi di design fra i più noti circa l’estetica navale italiana».

Ma perché nella rod map c’è la messa a conoscenza di tutto da parte del Governo?

«Sostanzialmente perché la colmata è del demanio marittimo e stiamo parlando di opera pubblica e noi intendiamo partecipare al finanziamento della colmata pur di accelerare l’iter e di farla arrivare nei tempi, che servono: in tre anni. Speravo si partisse a gennaio 2024 e in tre anni di realizzare parallelamente colmata e cantiere, così da avere poter impostare nel gennaio del 2027 la chiglia del primo traghetto».

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