Giovanni Longo
In attesa che la Corte di cassazione decida se la violenza sessuale ipotizzata dalla Procura sia perseguibile e se, di conseguenza, per l’imputato debbano aprirsi le porte del carcere come ritiene la pubblica accusa, l’ufficio inquirente chiede (e ottiene) il giudizio immediato per «stalking». E in attesa dell’inizio del processo, su istanza della difesa dell’imputato, il giudice revoca gli arresti domiciliari. A condizione che il presunto stalker non si avvicini alla persona offesa e che, soprattutto, come lui stesso ha proposto, segua un programma terapeutico in una struttura riabilitativa.
La vicenda è quella che riguarda un 51enne della provincia di Bari, arrestato il 13 novembre scorso inizialmente per stalking e violenza sessuale ai danni di una dottoressa in servizio presso un ambulatorio di guardia medica della provincia di cui lui era paziente. Gli «arresti in casa», adesso, si trasformano nell’obbligo di dimora e nel divieto di avvicinamento alla dottoressa. Sempre misure cautelari, ma certamente più blande. Il processo inizierà il 9 aprile. Il Pm Simona Filoni che ha coordinato le indagini degli agenti del Commissariato Carrassi, ha infatti chiesto e ottenuto il giudizio immediato, rito alternativo che consente, ricorrendo a determinati presupposti, di saltare la fase dell’udienza preliminare e di andare subito a processo. L’accusa contestata dalla Procura è ora solo di stalking, in attesa verosimilmente che la Cassazione si pronunci sulla procedibilità dell’ancora più grave ipotesi di violenza sessuale. Due settimane dopo l’arresto, infatti, il Tribunale del Riesame di Bari aveva disposto la scarcerazione dell’uomo, con concessione dei domiciliari con braccialetto elettronico, ritenendo improcedibile il reato di violenza sessuale. La denuncia della vittima era stata presentata troppo tardi, oltre il termine previsto per legge. La vicenda suscitò non poche polemiche. Nei giorni successivi alla decisione del Riesame, da più parti era stato anche sollecitato l’intervento della politica per la modifica dei termini di presentazione delle denunce per determinati reati. La stessa Procura aveva poi impugnato il provvedimento in Cassazione, insistendo per il carcere. La questione sarà discussa dinanzi ai giudici della Suprema Corte il 6 marzo.
Intanto, però, l’ufficio inquirente preme sull’acceleratore chiedendo subito il processo. E su istanza del difensore dell’imputato, avvocato Filippo Castellaneta, il gip del Tribunale di Bari Marco Galesi ha revocato gli arresti domiciliari, concedendo le misure meno afflittive.
Ma l’uomo, come lui stesso ha manifestato di voler fare - si legge nelle carte - si sottoporrà a un programma terapeutico in una comunità riabilitativa della provincia di Bari. «Il ricovero dell’imputato presso tale struttura - scrive il giudice - costituisce condizione alla quale subordinare l’esecuzione del presente provvedimento, in quanto solo l’effettiva e continuativa sottoposizione al programma terapeutico residenziale, sotto il controllo del personale medico preposto, potrà consentire il costante monitoraggio delle sue condizioni psicologiche e, quindi, la costante verifica della idoneità della più blanda misura cautelare non detentiva rispetto alla perdurante necessità di tutela delle ravvisate esigenze cautelari».
Stando alle indagini della Polizia, le persecuzioni erano iniziate a ottobre 2016 e proseguite ininterrottamente fino a novembre scorso, passando per l’episodio della violenza sessuale nell’ambulatorio (a dicembre 2016) e per diversi altri episodi che configurerebbero, se analizzati singolarmente, autonomi delitti di minacce gravi, violenza privata, violazione di domicilio aggravata, molestie alle persone e procurato allarme, tutti perseguibili d’ufficio, superando quindi il problema della improcedibilità per querela tardiva.
L’uomo, in sostanza, si sarebbe invaghito della dottoressa che lo aveva in cura e l’avrebbe perseguitata per più di un anno, arrivando a violentarla nell’ambulatorio e anche a minacciarla di morte. A nulla sarebbe servito cambiare sede per tre volte. Quando la donna ha temuto per la propria incolumità, ha denunciato. Il processo a suo carico inizierà ad aprile.