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Fallisce la minicar nell'ex Om
190 lavoratori rischiano il posto

 
Fallisce la minicar nell'ex Om190 lavoratori rischiano il posto

LA CRISI DELL'AUTOMOTIVE Il liquidatore deposita l'istanza di chiusura di «Tua industries»

Giovedì 14 Dicembre 2017, 09:46

GIANLUIGI DE VITO

Allacciare le cinture di sicurezza, prego. La botta è davvero forte: il curatore fallimentare della «Tua Industries», Enzo Pacella, ha depositato l’istanza di fallimento al Tribunale di Torino. È il crac del progetto di minicar elettriche nell’ex Om.

I 190 operai sono sulla lama del rasoio. Il 22 dicembre è l’ultimo giorno di cassa integrazione. Non c’è alcuna certezza che possa essere prorogata ancora per un anno. Anzi, tutto lascia pensare che sarà come vincere alla lotteria.

Ieri azienda, Regione, sindaci di Bari e Modugno e sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) si sono incontrati mettendo al primo punto dell’agenda proprio le misure di sostegno al reddito dei 190, da sei anni senza salario . Non è stato partorito nulla se non il rinvio a martedì prossimo, 19 dicembre, quando sarà firmata la richiesta della proroga di cassa integrazione, richiesta che sarà subito girata ai parlamentari pugliesi per incardinarla negli emendamenti che la Commissione bilancio della Camera vaglierà a partire da venerdì 22, in vista dell’ultimo atto prima dell’approvazione del Def.

I sindacati avrebbero voluto già ieri la firma congiunta della richiesta di proroga della cassa integrazione. Al tavolo non era presente il liquidatore Pacella, ma un delegato, Roberto Gastaldo. E da Gastaldo è arrivata la notizia - ricostruiscono i sindacati - dell’istanza di fallimento depositata in Tribunale a Torino. Il fallimento non è stato decretato, non c’è ancora la nomina del curatore fallimentare. Dunque, tocca alla «Tua Industries» firmare la richiesta. Gastaldo non si è messo di traverso, ma ha chiesto tempo: è da Pacella che deve arrivare il via libera e forse arriverà dopo un passaggio nel Tribunale di Torino. Da qui il rinvio a martedì 19. I sindacati, ovvio, hanno già dato in anticipo l’assenso.

Se sarà fatica di Sisifo lo si saprà solo alla fine della prossima settimana.

Per intanto, si cerca di fare chiarezza su un altro punto: che cosa è rimasto davvero all’interno dei capannoni dell’ex Om, dopo le voci di attrezzature portate all’esterno e forse vendute come ferro vecchio? I sindacati, l’Ugl in particolare, ha premuto e ripremuto questo tasto. Conclusione: venerdì una delegazione costituita anche da operai farà visita a quel che resta della ex gloriosa Om Carrelli Elevatori e toccherà con mano se carriponti, gru, pressa e macchine laser siano ancora al loro posto. Questione non da poco, perché scoprire che non solo la minicar elettrica dei sogni non si farà, ma che non c’è traccia nemmeno della ferraglia, sarà come raccontare dell’oste senza vino che ha svenduto pure le vecchie botti.

Ieri il vertice al tavolo della task force della Regione, in via Corigliano, doveva servire anche a capire perché si è arenata la trattativa con il fondo d’investimento russo Renova. Nessun atto ufficiale, solo una motivazione non dettagliata: i russi sarebbero stati interessati a un progetto di produzione ben più ampia rispetto a quello che avrebbero potuto realizzare nel capannone di Modugno. Ma tant’è. Anche perché se sulla minicar elettrica l’ultima parola tocca alla sezione fallimentare del Tribunale di Torino scriverla, la penultima è già stata scritta: Renova a parte, non sono giunte, fino a ieri, altre manifestazioni d’interesse sulla reindustralizazione dell’insediamento produttivo a Modugno. Ma allora, l’idea della minicar, è una carta taroccata? E le dichiarazioni entusiastiche all’indomani della presentazione in «anteprima mondiale» del prototipo alla Fiera del Levante? I vertici di «Tua» hanno parlato di tremila ordini già in cantiere e di apprezzamenti da più sponde. Chiacchiere?

Niente affatto. Il progetto quadriciclo elettrico-piccola utilitaria è valido. Ma negli ambienti sindacali matura l’atroce sospetto che, proprio perché valido, il progetto minicar risorgerà. Ma altrove, non a Modugno: sarà acquistato dal curatore fallimentare e realizzato, magari, lì dove non sarà necessario mettere sul libro paga 190 operai specializzati. Insomma, saremmo davanti a un altro fallimento delle politiche industriali meridionali e delle politiche attive del lavoro, non della genialità creativa del polo nordico dell’automotive. Sul banco degli imputati, insomma, sale soprattutto la politica, incapace di concretizzare e difendere investimenti a Sud. Specie a Bari, dove l’industria manufatturiera non registra da anni l’espansione di posti di lavoro stabili. E nemmeno ricollocazioni.

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