Padovano purosague, attaccante classe 1960. In Veneto, la sua «casa». Anche calcistica. Nella città di Sant’Antonio, ovviamente. Ma stagioni importanti anche a Vicenza. Carlo Perrone, però, è il classico uomo dal cuore grande. E, sfogliando l’album dei ricordi, scopri che c’è Bari nella hit parade nella sua lunga e prestigiosa carriera. Tre stagioni in Puglia, dal 1987 al 1990 (settantuno presenze e undici reti all’attivo). Un legame pazzesco con una città che ha sempre amato i calciatori di talento. A maggior ragione quelli in grado di rispettare la maglia con atteggiamenti seri. Qui, a Bari, lui sarà sempre “Carletto”. Un numero “7” con la fantasia e i colpi di un vero “10”. E a proposito di “10”, che spettacolo vederlo duettare con quell’altro genio del calcio come Pietro Maiellaro.
Perrone, dica la verità. Se l’aspettava una chiamata da Bari?
Bè sì, devo dire che voi giornalisti siete sempre molto gentili con me. Chiacchierare del mio vecchio Bari è sempre un piacere».
Ha visto la partita del «San Nicola»?
«Sì. Ero ospite in una trasmissione televisiva a Padova e ne ho approfittato. Anche se molto probabilmente l’avrei vista comunque a casa. Per me resta una gara speciale per mille e un motivo. Tante emozioni, lo ammetto».
Ha vinto il Bari ma il risultato non racconta tutta la verità.
«Direi di no. Come spesso accade nel calcio ci sono state due partite. Fino all’episodio del fallo da rigore e conseguente espulsione il Padova aveva fatto nettamente meglio del Bari. Ed era meritatamente in vantaggio. Poi è cambiato tutto. Grossa ingenuità del difensore che era posizionato malissimo con il corpo e poi il Bari ha fatto valere la sua forza sfruttando benissimo i cambi».
Caserta, in effetti, è riuscito a dare la scossa attingendo dalla panchina.
«A me è parso finanche un piano gara. Accettare una partita equilibrata in avvio per poi provare a spaccarla con calciatori freschi e fisici. Cerri, Moncini e Dorval sono entrati benissimo riuscendo addirittura a incidere negli episodi chiave. Davanti a un Padova che andava perdendo sicurezza e non solo per l’inferiorità».
Che impressione le ha fatto il Bari?
«Quest’anno non l’ho visto giocare tante volte. Se devo valutare la partita contro il Padova mi è parso una squadra con poca personalità. Forse anche condizionata, mentalmente, dal momento difficile visto che non aveva mai vinto nelle prime sei giornate di campionato».
I pugliesi continuano a mostrare lacune gravi in fase di non possesso. Anche il Padova, come già era successo nelle precedenti partite, ho goduto di libertà eccessiva nella fase di costruzione del gioco.
«Sono d’accordo. Ma ci sono stati anche tanti errori individuali più che di reparto o collettivi. Prendiamo il gol incassato in avvio di ripresa? Kassama si fa sorprendere in modo abbastanza grave. Mi sembrava un pallone leggibile e poi quando c’è palla “scoperta” devi scappare indietro. Bortolussi, l’autore del gol, non ha la velocità di Joao Paulo... Mi sarei aspettato qualche difficoltà di assemblamento alla luce delle tantissime novità. Però succede che la squadra non cresca e che, anzi, peggiori».
Che le sembra di Fabio Caserta che è stato a rischio esonero?
«Non l’ho mai visto lavorare ma guardando le sue squadre mi son fatto l’idea che sia bravo. Lo immagino come un allenatore pratico e per praticità intendo qualcosa di virtuoso. Adattarsi alla rosa che hai a disposizione è sinonimo di intelligenza calcistica. Caserta non gioca a fare il fenomeno e mi piace anche per questo».
A livello individuale com’è messo il Bari?
«Non male, direi. Conosco qualche giocatore meglio di altri. Vicari, per esempio. Quando facevo il “secondo” a Novara lui si affacciava nel calcio che conta, giovanissimo. Difensore forte, ragazzo d’oro. E con lui c’era anche Dickmann che, devo dire, non si pensava potesse arrivare dov’è ora. Buon terzino, grande fisicità e tanta esperienza. Mi piace Moncini, uno che vede la porta e che mostra personalità».
A Bari si respira un’aria pesante. La gente del Bari è disincantata. E lo stadio si va svuotando.
«Capisco tutto. Bari ho imparato a conoscerla prim’ancora che ad amarla. Aio miei amici tifosi dico di non mollare. La serie B sa riservare sorprese. Oggi, magari, pensi che l’obiettivo concreto sia la salvezza. Domani, chissà...».
Ma è proprio vero che per giocare a Bari devi avere una marcia in più?
«Ragazzi, Bari è Bari. Piazza importante, da serie A. Quando fai mercato devi sapere che serve gente col “pelo”. E poi vuoi mettere quando le cose vanno bene? Una città chje sa trascinarti. C’è chi si esalta e chi, invece, subisce. Io a Bari giocherei pure domani se le ginocchia me lo consentissero».
“Lode a te Carlo, Perrone”, cantava la Nord. Ricordi lontani ma mai “ingialliti”. Carletto, un pezzo di storia. Amici per sempre.