Sabato 18 Ottobre 2025 | 14:09

Omicidio Paola Labriola, la rabbia del marito: «Il centro dove è morta mia moglie non ha mai riaperto, la Asl ha punito il quartiere»

Omicidio Paola Labriola, la rabbia del marito: «Il centro dove è morta mia moglie non ha mai riaperto, la Asl ha punito il quartiere»

 
Redazione online

Reporter:

Redazione online

Omicidio Paola Labriola, il marito: «Il centro dove è morta mia moglie non ha mai riaperto, la Asl ha punito il quartiere»

Le parole di Vito Calabrese dopo la sentenza: «Ci chiediamo cosa c'entra la morte di Paola con la chiusura definitiva del Centro. Il lutto collettivo del Libertà è rimasto bloccato»

Sabato 30 Agosto 2025, 18:30

19:54

«A dodici anni dalla morte di Paola, in molti hanno scritto che il dolore per la sua scomparsa è vivo come se fosse successo ieri.
Se per loro è un dolore vivo, per noi è una ferita che non si è mai rimarginata». A parlare è Vito Calabrese, marito della psichiatra Paola Labriola, uccisa da un paziente tossicodipendente con 70 coltellate il 4 settembre 2013 nel Csm di via Tenente Casale, nel quartiere Libertà. Calabrese, anche lui psichiatra, affida a un post sui social i propri pensieri e le proprie emozioni dopo che la Corte d'Appello di Bari ha ribadito, nella motivazioni della sentenza con cui ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi per l’ex direttore generale Asl Bari, Domenico Colasanto, che «la morte di Labriola non ha rappresentato una tragica fatalità, ma un omicidio per cui è stata riconosciuta una precisa responsabilità: quella di aver anteposto l'equilibrio economico alla sicurezza dei lavoratori». Queste le parole che Calabrese usa nel suo post su Facebook, un appello pieno non solo di rabbia ma anche di speranza per il futuro.

La Corte di Appello di Bari, nel dettaglio, ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi per Colasanto, imputato per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e omissione di atti d’ufficio nel processo stralcio sulla morte della dottoressa, evidenziando che sull'ex dg «ricadeva l’obbligo giuridico di affidare il compito di elaborare i Documenti di Valutazione dei Rischi della struttura, certamente inesistenti». 

Il Centro di Salute Mentale di via Casale «è stato giustamente chiuso perché insicuro e inadeguato - continua Calabrese -. Tuttavia, in una beffa incredibile per la nostra comunità e per la memoria di Paola, non è mai stato riaperto nel quartiere.»

«Due anni fa, a dieci anni dalla sua morte, scrivemmo: “Sarebbe stato giusto per elaborare quel lutto sociale, aprirne un altro, più bello ed efficiente e dedicarlo a Paola. Invece quella lacerazione, quella ferita, quel capovolgimento di senso è stato colpevolmente lasciato marcire. Un'atrocità può bloccare le istituzioni in un incubo, proprio come gli individui. Il semaforo resta rosso per sempre, senza possibilità di andare avanti.»

«Allora, di fronte a una grande mobilitazione pubblica presso il centro chiuso - continua Calabrese nel suo sfogo - i responsabili dell'ASL cercarono di placare le nostre voci diffondendo una falsa notizia: che il Centro sarebbe stato riaperto a breve. Quell'annuncio si è rivelato una menzogna, un atto di incredibile disprezzo. Da allora, i pazienti del quartiere Libertà continuano ad andare a Japigia o al San Paolo per le cure. Questo significa per chi non ha mezzi perdere un'intera mattinata per un consulto, una situazione che troviamo vergognosa e che offende la memoria di Paola. Ci chiediamo: cosa c'entra la morte di Paola con la chiusura definitiva del Centro? La ASL ha punito il quartiere e ne ha approfittato in modo miserabile per ridurre i costi.»

«Il lutto collettivo del quartiere Libertà è rimasto bloccato, una ferita aperta che continua a sanguinare - chiosa il dottor Calabrese, che nel post fa un appello diretto alle istituzioni taggando il sindaco Leccese, Michele Emiliano e altri rappresentanti politici -. Non aprendo un nuovo Centro, è come se fossero stati colpevolizzati gli abitanti. Noi chiediamo con forza che venga sanato questo scandalo sociale. Il Quartiere Libertà merita di avere il suo Centro di Salute Mentale, un segno di rispetto per i suoi cittadini e per chi ha perso la vita per curare gli altri».

LA REPLICA DELL'ASL BARI

Il tema della salute mentale è in cima alle priorità della ASL Bari. Le vicende legate al quartiere Libertà da diverso tempo hanno imposto un’attenta valutazione sull’idoneità e sicurezza dei luoghi in cui garantire i servizi di un Centro di Salute Mentale.

In questa fase, dopo aver individuato gli spazi utili in via Davide Lopez 24, la ASL Bari ha già predisposto un Piano di Fattibilità Tecnico Economica (PFTE) per la ristrutturazione di una superficie di circa 700 metri quadri da dedicare a Centro diurno, dove è possibile garantire attività terapeutiche e riabilitative.

Parallelamente, sono state avviate le procedure per reperire nuove risorse professionali per l’attivazione di équipe dedicate alla prevenzione del disagio mentale e all’erogazione di prestazioni di assistenza domiciliare psichiatrica e riabilitazione. L’intera progettualità è stata candidata a finanziamento PNES, Piano Nazionale di Equità nella Salute, nell’ambito del filone dedicato alla Salute Mentale.

Sempre sul versante della Salute mentale, infine, il Dipartimento di Salute Mentale ha attivato in via Crisanzio, proprio nel quartiere Libertà, il Centro Prisma (Prevenzione e interventi precoci in salute mentale di adolescenti e giovani adulti) unità operativa a valenza dipartimentale che si occupa dell’individuazione e intervento precoce, all'esordio delle patologie mentali, in una fascia d’età dai 13 ai 30 anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)