BARI - La Dda di Bari ha chiesto tre condanne tra i 10 anni e i 4 anni e 8 mesi di reclusione per tre affiliati del clan Strisciuglio, tra i quali il 25enne Ivan Caldarola, figlio del boss Lorenzo, accusati di aver chiesto il «pizzo», a Natale 2018, alle bancarelle abusive di fuochi d’artificio allestite nel quartiere Libertà e che, come intimidazione dopo il «no» di uno dei venditori, la notte del 24 dicembre avrebbero sparato contro la saracinesca del suo locale. Nel processo con rito abbreviato per estorsione mafiosa, porto illegale di armi e spaccio di droga, il pm Marco D’Agostino, che ha coordinato le indagini della squadra mobile, ha chiesto 10 anni per Caldarola, 6 anni e 7 mesi di reclusione per Antonio Raggi (25 anni detto «Tonino il biondo») e 4 anni e 8 mesi per Saverio De Santis (36 anni alias «Gigione»).
I fatti risalgono a sei anni fa e costituiscono uno stralcio della più ampia indagine della Squadra Mobile sulle fibrillazioni tra il clan Strisciuglio e i rivali Palermiti per il controllo dello spaccio nel quartiere Madonnella. Ai venditori abusivi di fuochi d’artificio, Caldarola e i suoi presunti sodali avrebbero chiesto tra i 100 e i 300 euro per bancarella. In due occasioni il figlio del boss avrebbe chiesto 4mila euro e altri mille in fuochi pirotecnici per «dare il pensiero a papà» Lorenzo, per mantenere amici e compagni in carcere e per la «spesa di Natale». Nel procedimento sono contestati anche diversi episodi di intimidazione mafiosa: cinque colpi di pistola esplosi in aria il 25 ottobre 2018 «per punire un antagonista, reo di aver litigato» con il figlio del boss; altri sette colpi sparati, il 6 novembre successivo, «al fine di intimidire un individuo - si legge nell’imputazione - responsabile di aver spacciato sostanza stupefacente nella zona della chiesa del Redentore, di competenza criminale degli Strisciuglio, senza la loro autorizzazione». Episodi ritenuti «mafiosi» per le «modalità della condotta, indicative della esistenza di un contesto organizzativo in grado di incutere terrore nella collettività locale e di imporre la presenza del clan Strisciuglio sul territorio del quartiere Libertà».
Nel processo sono costituiti parti civili il Comune di Bari e la Regione Puglia che hanno chiesto, rispettivamente, 100mila euro e 35mila euro come risarcimento danni. Si tornerà in aula il 22 settembre per le arringhe e la sentenza.