BARI - Meno aspiranti avvocati non vuol dire necessariamente crisi irreversibile della professione. Se la folla di praticanti che un tempo si presentavano nei padiglioni della Fiera per l’esame professionale è ormai un lontano ricordo, è altrettanto vero che non tutti, allora, erano mossi da grandissime motivazioni. Ecco perché 297 aspiranti avvocati rispetto ai 1.700 di 10 anni fa, fanno in realtà meno rumore del previsto. Almeno secondo gli addetti ai lavori.
«Il dato numerico apparentemente preoccupante fotografa una flessione consistente ma va analizzato in modo prudente e approfondito - premette Salvatore D’Aluiso, presidente dell’Ordine degli avvocati di Bari-. Per anni l’iscrizione all’Albo professionale era considerata un po’ come un’area di parcheggio intellettuale». In attesa di altro, si superava l’esame ma quasi sempre senza troppa convinzione. «Non è più così. Dalla Cassa forense all’assicurazione professionale obbligatoria, oneri finanziari e spese sono ormai del tutto incompatibili rispetto alla fase di transizione da molti vissuta in passato. Oggi, fatto a mio avviso positivo, chi si abilita lo fa con una scelta ponderata e attenta».
Insomma, chi adesso si presenta all’esame di abilitazione vuole esercitare la professione sul serio. Anche se la leva economica, soprattutto all’inizio del percorso, incide anche su un altro aspetto, questa volta negativo. «Il rischio è la selezione per censo - prosegue il presidente D’Aluiso - tra chi ha alle spalle una famiglia in grado di sostenere un percorso in salita e chi, invece, vive in un contesto meno agiato pur avendo magari maggiori capacità intellettuali, ma è costretto a mollare per ragioni economiche».
Ed è proprio per evitare una professione selezionata per il reddito famigliare e non per merito che l’Ordine forense barese, dalle grande tradizione, si propone come interlocutore. «Spetta anche a noi dare un contributo per far si che i giovani avvocati possano in breve tempo affrontare le sfide del mercato legale offrendo loro un patrimonio culturale ulteriore rispetto alle competenze acquisite durante il percorso universitario. Come? Anche attraverso strumenti formativi per orientarsi nelle nuove frontiere del diritto non più tradizionali ma che consentono di intercettare maggiori spazi». Quali? «Diritto ambientale, tutto ciò che ruota intorno al commercio online, penso anche alle nuove forme di finanza».
Una flessione del numero degli aspiranti legali che si spiega anche con un’altra ragione. Le opportunità offerte dal «posto fisso». «I concorsi pubblici sbloccati dopo anni o nuove strade offerte ad esempio dall’Ufficio del processo hanno certamente inciso».
A proposito, ma come il presidente dell’Ordine barese ha vissuto il suo esame di abilitazione? «Tanta emozione anche perché ero fermamente convinto di fare l’avvocato, avevo scommesso tutto su questo, la professione era ed è la mia vita». Dunque, la professione semplicemente cambia, ma continua ad esercitare il suo fascino. «Sì, l'avvocato è il depositario della fiducia che l’assistito ripone in lui. L’impatto tra cittadino e giustizia è mediato dall’avvocato, l’assistito gli affida il suo destino rispetto alla tutela dei suoi diritti a partire dalla libertà. E questo non cambierà mai».
«Dal rapporto elaborato da Aiga - spiega Daniele Lucente presidente della sezione barese dei giovani avvocati italiani - emerge come più della metà dei giovani avvocati dichiara un reddito inferiore ai 15mila euro. Solo un avvocato su quattro sotto i 35 anni dichiara di avere un figlio. Oltre il 50% dei giovani avvocati dichiara di avere scarsa fiducia nella professione e nel futuro. Conciliare professione e maternità, ad esempio, per le colleghe donne, è davvero complicato e spinge molte di loro ad abbandonare l’avvocatura. C’è anche una differenza di genere sul fronte dei redditi sulla quale intervenire. I dati dicono che solo chi è molto motivato affronta l’esame di abilitazione. Il calo costante porterà a un riequilibrio del numero degli avvocati aderente alla richiesta del mercato».