BARI - Il piano di risanamento presentato a giugno non è stato ritenuto sufficiente a coprire integralmente i 7,2 milioni di perdite. È per questo che il Tribunale di Bari, accogliendo l’istanza della Procura, ha dichiarato la liquidazione giudiziale (il fallimento) della Strade e Condotte, la società del gruppo Matarrese da cui è passato l’ultimo tentativo degli imprenditori baresi di riprendere il controllo della storica impresa di costruzioni di famiglia.
Descrivere l’operazione sottostante è fondamentale per capire le conseguenze della sentenza pronunciata martedì dal Tribunale (Quarta sezione, presidente Simone, relatore Fazio). La Salvatore Matarrese, che un decennio fa era la principale impresa edilizia nel Mezzogiorno, è finita in concordato preventivo nel 2014 schiacciata da oltre 200 milioni di debite. Strade e Condotte è il veicolo societario attraverso cui i Matarrese avrebbero dovuto rilevare dalla società in concordato l’omonima «newco» (Matarrese srl) in cui è confluito il ramo di impresa contenente gli appalti. Il trasferimento è avvenuto a febbraio 2022, per 11 milioni compreso l’accollo della debitoria nei confronti del concordato, ma poi è accaduto anche qualcosa di più.
Strade e Condotte è infatti controllata dalla Finba, la vecchia holding di famiglia (che fa capo ai cinque dei sei figli maschi del patriarca Salvatore), dichiarata fallita nel marzo scorso sempre su istanza della Procura. Proprio temendo questa eventualità, la «newco» Matarrese è stata quasi immediatamente rivenduta dalla Strade e Condotte a un’altra società di famiglia, la Imco, che è esterna al gruppo e fa capo direttamente a 15 persone tra zii e nipoti Matarrese e Greco.
Il tentativo- secondo la stessa Procura di Bari, che ha da tempo aperto un fascicolo per bancarotta fraudolenta - era insomma di sottrarre l’impresa di costruzioni al crac del gruppo, ormai irreversibile. Ma la liquidazione giudiziale della «Strade» chiude ogni possibilità, perché ora - evidentemente - la vendita della «newco» sarà sottoposta a revocatoria.
E infatti l’istanza di fallimento della Strade (firmata dai pm Desirèe Digeronimo, Giuseppe Dentamaro e Lanfranco Marazia) segnala proprio lo stato di decozione causato dai 6,5 milioni di debiti nei confronti del concordato a seguito dell’acquisto della newco. Il Tribunale, anche a prescindere dal «no» della Procura al piano di risanamento, ha però verificato che la società non ha «raggiunto l’accordo con tutti i suoi creditori, né indicato tutti i creditori estranei allo stesso» piano.
La massa debitoria non coperta ammonta a poche centinaia di migliaia di euro. E tra i vari debiti non coperti c’è anche quello nei confronti del Consorzio Stadium, quello che ha costruito lo stadio San Nicola e che recentemente è stato condannato a restituire al Comune di Bari circa 20 milioni di euro. Secondo la società si tratta di crediti prescritti, ma il Tribunale «ritiene - ai fini del riscontro della completezza del piano - che detta prescrizione in realtà non sia maturata», anche perché il credito (pure qui, meno di 200mila euro) risultava riportato nell’elenco allegato alla proposta di concordato preventivo presentata a maggio cui poi la Strade ha rinunciato.
«Il piano in questione - ha concluso il Tribunale - non abbraccia tutti i debiti della società e non chiarisce con quali risorse i debiti “esclusi” (peraltro per importo non trascurabile e comunque superiore al limite) possano essere soddisfatti».
La Finba (che ai primi anni 2000 valeva mille miliardi di lire, alla testa di un gruppo che andava dall’edilizia all’immobiliare al turismo) è al centro dell’indagine per bancarotta fraudolenta della Procura di Bari, secondo cui ci sarebbe un buco di 70-80 milioni a fronte di un passivo di gruppo stimato in 320 milioni di euro. L’indagine, partita dal fallimento di un’altra società di famiglia (la Icon) e andata in discovery poco più di un anno fa con l’esecuzione di alcune perquisizioni, sta andando verso la conclusione con una serie di accertamenti effettuati sia attraverso la Finanza che sulla base di consulenze tecniche affidate per l’analisi dei bilanci e la ricostruzione delle operazioni. Nel fascicolo è stato analizzato anche il ruolo di Imco, che della Finba era creditrice e che - nel tentativo di salvataggio (fallito) della holding - avrebbe dovuto farsi carico del debito bancario del gruppo.
Il tutto è andato di pari passo con una lite in famiglia proprio sul destino della «newco» Matarrese srl, che ha ulteriormente complicato il quadro, con una istanza di fallimento nei confronti della Finba presentata dalla vedova di Vincenzo (ex presidente del Bari). «Con mio padre e i miei fratelli - disse a marzo Antonio Matarrese alla Gazzetta, subito dopo il fallimento Finba - abbiamo fatto la storia di Bari. Uno dei vanti di questa terra è la famiglia Matarrese. Nessuno può accusare la mia famiglia di aver tolto soldi all’azienda, perché è vero esattamente il contrario. Abbiamo fatto di tutto e faremo di tutto per salvarla, questa azienda». Al momento, però, ogni tentativo si è infranto contro i tribunali.