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Dodicenne tetraplegico torna a casa dopo 15 mesi in ospedale grazie alla solidarietà di Bari

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Dodicenne tetraplegico torna a casa dopo 15 mesi in ospedale grazie alla solidarietà di Bari

Le associazioni di volontariato hanno trovato un alloggio adeguato ad accogliere il 12enne tetraplegico e tutta la sua famiglia

Lunedì 02 Ottobre 2023, 08:00

BARI - Questa è una storia di buona sanità, di impegno delle istituzioni ma soprattutto di grande cuore e tanta solidarietà. Dopo 15 mesi in ospedale, gli ultimi vissuti in «ricovero sociale» perché le sue condizioni di salute richiedono condizioni abitative che la famiglia non riusciva a garantirgli, Nicola (nome di fantasia), 12 anni, bengalese, oggi lascerà il Giovanni XXIII.

La rete delle associazioni di volontariato che gravitano intorno al pediatrico, con la fondamentale collaborazione e supporto di medici, infermieri, psicologa e assistente sociale dell’ospedale e il contributo fattivo dell’assessorato comunale al Welfare, hanno trovato una casa adeguata ad accogliere il bambino, disabile grave su sedia a rotelle, bisognoso di fisioterapia e assistenza domiciliare specializzata, e tutta la famiglia, madre e padre e tre fratellini, due neonati.

L’INCIDENTE Il dramma di questa famiglia è iniziato a settembre 2020. Il papà, di professione cuoco, viveva a Bari da circa dieci anni, mentre moglie e figli vivevano in Bangladesh. Il più grande di loro, all’epoca aveva solo 9 anni, un giorno mentre giocava cadde dal terzo piano. Da allora è stato un continuo alternarsi di ricoveri, interventi di neurochirurgia, terapie. Fino a quando a novembre 2021, grazie alla procedura del ricongiungimento famigliare, il papà è riuscito a farli arrivare in Italia. Il bambino ha iniziato a seguire a Bari le prime terapie ma ad agosto 2022 le sue condizioni sono molto peggiorate: una encefalite lo aveva del tutto paralizzato. Quindi il ricovero al Giovanni XXIII in terapia intensiva. Era in coma, non si muoveva e aveva difficoltà a respirare e mangiare. È stato quindi sottoposto a tracheotomia e poi ad una serie di terapie perché colpito da diverse infezioni, tutte nel tempo curate e risolte, con problemi infettivologici e nefrologici. In questi dieci mesi il papà non l’ha lasciato un solo giorno. Si è licenziato (dramma che si è aggiunto al dramma) per stare i ospedale con il figlio, giorno e notte, tornando di tanto in tanto a casa per vedere gli atri figli, grazie ai volontari che gli davano il cambio durante la giornata.

IL RICOVERO SOCIALE Da marzo è tornato nel reparto di malattie infettive, in una specie di «ricovero sociale». Poteva cioè continuare le terapie a casa ma non c’erano le condizioni per dimetterlo perché non c’era un alloggio che potesse accoglierlo. Nei lunghi mesi di ricovero il 12enne ha ricominciato a mangiare autonomamente, sta seduto, muove le mani, dal punto di vista cognitivo non ha deficit, capisce tutto e inizia anche a parlare. Ha anche seguito le lezioni in ospedale, ma se potesse frequentare una scuola ne gioverebbe anche dal punto di visto sociale. In reparto i volontari delle diverse associazioni si sono alternati, facendo i turni, per fare compagnia al bambino e assisterlo, dando una mano al papà.

FINALMENTE A CASA La ricerca di un nuovo alloggio si è rivelata più difficile del previsto. Il padre ha iniziato mesi fa a cercare una abitazione idonea, senza barriere architettoniche e con ambienti ampi per accogliere i presidi sanitari del bambino e per il resto della famiglia. Un luogo dove tutti avrebbe potuto cominciare un vero percorso di recupero e inclusione, i piccoli a scuola e lui a lavoro.

L’emergenza abitativa a Bari è un vero problema, con circa 400 famiglie in attesa di un alloggio popolare. Il Comune, nella impossibilità di dare una casa a questa famiglia, ha però dato un contributo economico per l’affitto. Il vero ostacolo è stato trovare qualcuno che mettesse a disposizione una casa - con determinate caratteristiche - da dare in fitto a questa famiglia. Sono stati i volontari a trovarla, finalmente, dopo mesi. Il Comune garantirà il contributo per l’affitto fino a quando il padre sarà economicamente autonomo e in grado di sostenere le spese della famiglia.

«Questa storia racconta la Bari che dà una mano, in silenzio» commenta il direttore sanitario del Giovanni XXIII Livio Melpignano, evidenziando proprio «il grande lavoro, il gioco di squadra, la rete di solidarietà, messi in modo dalle associazioni di volontariato, la vera chiave di volta».

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