BARI - «Madre ferita sarai vendicata, di questo Stato faremo una pira. Col fuoco la miccia e se occorre il tritolo e quegli sbirri che ti hanno rapito sapranno per certo cosa è la paura. Stato infame. Stato assassino». Questa è soltanto una, la prima, delle minacce che il 44enne barese Giuseppe Marzulli avrebbe rivolto alla giudice barese Angelica Passarella. «Ripetute minacce di morte», si legge nelle imputazioni, che hanno portato ora il 44enne sbarra.
La vicenda, per la quale giudice è finita anche sotto scorta, inizia a Bari a settembre 2022 e il prossimo 28 giugno approderà in un’aula del Tribunale di Lecce (competente sui procedimenti che riguardano i magistrati del distretto di Bari). Marzulli sarà giudicato per il reato di minacce continuate a pubblico ufficiale (è caduta l’aggravante del terrorismo) diffuse su siti anarchici.
LA GENESI DELLA VICENDA La madre dell’imputato, la 76enne Angela Pinto, era stata arrestata per stalking condominiale (poi condannata a 3 anni di reclusione). È stata detenuta per alcuni mesi in carcere e poi ai domiciliari. Dopo l’arresto della mamma e in occasione delle udienze del processo che si celebrava proprio dinanzi alla giudice Passarella, Marzulli avrebbe iniziato a manifestare il suo disappunto, sempre più violento nelle parole e sempre più esplicito nei gesti. A partire dalla organizzazione di sit-in di protesta, con amici e attivisti, striscioni e megafoni: da un lato la solidarietà alla signora «Lina», dall’altro quella all’anarchico Cospito. Negli stessi giorni su alcuni muri della città e sui social sono comparse scritte e post dal medesimo tono minaccioso: «La giudice Passarella sta ammazzando una donna di 76 anni» e, accanto, la frase «Alfredo Cospito libero subito, fuoco alle galere», tutti firmati con il simbolo anarchico della A cerchiata. L’autore delle frasi sui muri, tuttavia, non è stato identificato.
È certa invece, secondo la Procura di Lecce, la mano e la mente che ha postato sui social le minacce alla giudice barese: Giuseppe Marzulli.
LE MINACCE Sono sei gli episodi contestati, ritenuti intimidatori. Al 26 ottobre 2022, lo stesso giorno in cui la mamma finì in cella su disposizione della giudice, risale il primo post di Marzulli su facebook. Il 7 gennaio, poi, un secondo post incitava alla «mobilitazione per la libertà di Lina Pinto», poi diffuso su siti anarchici, invitando i destinatari alla manifestazione davanti al Tribunale e definendo la magistrata «Giudice automa e senza scrupoli né umanità», accostando la vicenda giudiziaria alla «prigionia politica» di Alfredo Cospito. Il 13 gennaio sui social appare il video di una canzone, intonata dall’imputato e dedicata alla mamma, «contenente frasi altamente intimidatorie» del tipo «la vendetta sarà più tremenda» e rinnovando l’invito al presidio di solidarietà. Il giorno dopo ancora un post con la scritta rossa «terrorista è lo Stato» e il 16 gennaio, giorno dell’udienza, la manifestazione fuori dal Palazzo di Giustizia con gli striscioni inneggianti a «Alfredo Cospito libero» e «Lina Pinto libera». Infine il 30 gennaio, ultima udienza del processo alla mamma, ancora una manifestazione davanti al Tribunale con gli striscioni inneggianti a «Fuori Alfredo dal 41 bis, tutti liberi, Lina libera subito, carcere tortura di Stato» con la sigla della «A» cerchiata di anarchia.
L’ARRESTO E IL PROCESSO Gli atti delle presunte minacce anarchiche alla giudice sono finite subito in un fascicolo e i magistrati salentini, ritenendo le frasi nei post dei social «chiare minacce di una vendetta tremenda», il 20 febbraio hanno arrestato Marzulli. L’accusa della Procura era minacce aggravate dalla finalità terroristica o di eversione dell’ordine democratico. Già in sede di ordinanza d’arresto, però, il gip ritenne che questa aggravante non sussisteva, perché «le condotte, non violente, solo minatorie agite dall’indagato non abbiano avuto la potenzialità di arrecare grave danno al Paese e alle sue istituzioni democratiche». Secondo il gip, cioè, Marzulli voleva aiutare la mamma «utilizzando quello che per lui, frequentatore da anni di ambienti ispirati alle idee anarchiche, è il suo mondo di riferimento», che «nulla o molto poco aveva a che vedere con le battaglie ideali che alcune frange di movimenti politici extraparlamentari hanno adottato anche nella più recente attualità».
Pericoloso, quindi, ma non terrorista. Il 14 marzo poi, quando era da quasi un mese ai domiciliari, il 44enne - su istanza del difensore, l’avvocato Marco Milillo, è tornato libero con divieto di avvicinamento alla giudice.