Bari - Una testa di maiale a corredo dello striscione minatorio esposto il 27 aprile fuori dallo stadio San Nicola. E per quell’episodio spuntano adesso i primi due indagati. I fumogeni lanciati in autostrada da un cavalcavia in direzione del pullman sul quale, domenica 25 aprile, viaggiava la squadra di ritorno dalla (ennesima) deludente trasferta, quella di Torre del Greco (Turris-Bari 3-0, per la cronaca). Un altro striscione apparso il giorno prima su un ponte della tangenziale all’altezza dell’uscita per Poggiofranco, nello stesso giorno in cui erano fioccati i primi Daspo per gli scontro fra baresi e leccesi all’altezza di Cerignola del febbraio 2020. Persino, si scopre adesso, una «visita», diciamo non di cortesia, di alcuni ultras che qualche tempo fa si sono presentati con atteggiamento minaccioso sotto casa del capitano del Bari, Valerio Di Cesare.
Il clima sul tifo organizzato biancorosso si fa sempre più incandescente. Al punto che la Procura di Bari indaga sì per minacce, ma questa volta aggravate dal metodo mafioso. C’è chi, esponente del tifo organizzato, avrebbe agito con metodi previsti dall’articolo 416 bis del codice penale, tra i quali la pesante carica intimidatoria, indipendentemente dalla eventuale appartenenza a un clan. Una inquietante novità. Eccola, dunque, la svolta nelle indagini sullo striscione lungo 7 metri e mezzo ed alto 2 e mezzo esposto sulla recinzione dello stadio con su scritto a stampatello «Se non ci credete questa fine farete», reso ancora più eloquente da una testa di maiale sorretta da un uncino metallico. Gli accertamenti della Digos, della scientifica e della Squadra mobile sono approdati a un primo punto fermo. Un 42enne e un 37enne, entrambi del quartiere San Paolo, esponenti (non ai vertici) del tifo organizzato nei giorni scorsi hanno subito una perquisizione disposta dalla Procura di Bari ed eseguita dagli agenti della Digos che conducono la delicata inchiesta.
Decisive le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza dell’impianto sportivo, una volta tempio, Covid permettendo, del tifo biancorosso. Gli agenti, su decreto del pm Claudio Pinto, controfirmato dal procuratore aggiunto Francesco Giannella, coordinatore della Direzione distrettuale antimafia, hanno cercato nelle abitazioni degli indagati elementi di prova, in particolare indumenti e scarpe, per verificare se ci fosse corrispondenza con capi d’abbigliamento indossati il 27 aprile, davanti allo stadio, da alcuni facinorosi immortalati dalle telecamere. Obiettivo della perquisizione, rintracciare anche fotografie, smartphone e fotocamere digitali che potrebbero essere state utilizzate dai tifosi stessi per scattare a loro volta foto dello striscione incriminato. Da verificare anche se c’è stata condivisione di video e immagini su chat e social, fronti quanto mai bollenti.
In realtà, le delicate indagini della Polizia non si limitano a verificare solo se, come sembra, davvero i due indagati sono effettivamente coinvolti nella vicenda della testa di maiale. Lo spettro è ben più ampio. C’è da risalire, ad esempio, ad altri complici, ma soprattutto c’è da identificare gli autori di altri episodi nel mirino. Ad esempio, la vicenda del pullman sul quale viaggiava la squadra di ritorno dalla Campania, bersagliato il 25 aprile da un lancio di fumogeni accesi da alcuni tifosi su un cavalcavia a pochi chilometri dal casello autostradale di Bari, e poi finiti sull'asfalto. Tensione alle stelle se gli agenti della Digos rimasero a lungo in contatto telefonico con il conducente del pullman del Bari calcio, invitandolo a proseguire la marcia e a non fermarsi. Infine, l’altra inquietante circostanza, sino a questo momento rimasta inedita. L’escalation delle pesanti minacce non avrebbe risparmiato infatti i calciatori più rappresentativi. Le accuse di scarso rendimento in campo e di mancato attaccamento alla maglia sarebbero state rivolte a muso duro e in modo illecito nei confronti di capitan Di Cesare. La Digos ha monitorato e ricostruito la «visita» - come viene definita al momento negli atti giudiziari - di quattro ultras (dovrebbe trattarsi di altri tifosi rispetto ai due indagati per la sola testa di maiale). Insomma, da un lato la delusione sul fronte sportivo per l'eliminazione dai playoff, dall'altro l’inchiesta giudiziaria che vede tra gli episodi il blitz di alcuni tifosi nel condominio dove risiede il capitano Di Cesare.