Covid, arcivescovo Bari ricoverato al Miulli: «Risponde alle cure»
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G. Flavio Campanella
26 Gennaio 2021
BARI - Ci si sposa sempre meno. Con il Covid, poi, convolare a giuste nozze è praticamente una contraddizione in termini, soprattutto al Sud, dove le feste luculliane con imprescindibili assembramenti diventano ingiuste perché incompatibili con le restrizioni. La questione… meridionale si ripropone poi quando la coppia scoppia. Già in tempi normali, quando all’emozione della cerimonia, all’ebbrezza del ricevimento, alla spensieratezza della luna di miele e anche all’attività prenatale (i figli si fanno meno, ma risulta che ci si cimenti ancora) seguono fasi prima di stanca e poi di dissidio, la reazione è molto diversa rispetto al pragmatismo dei settentrionali. In questo contesto, poi, la differenza è ancora più evidente. Al Nord non ci pensano due volte: non c’è virus capace di impedire la scissione del nucleo, e nemmeno funziona il vaccino di familiari in processione pronti a consigliare insistentemente un riavvicinamento. Al Sud, invece, i messaggeri (mamma, papà, fratelli e sorelle, cugini e amici d'infanzia, tutti in coda per indurre a ripensarci) penetrano nelle cellule coniugali nel tentativo di ricomporle. Sempre che di mezzo non ci siano fattori di tipo economico...
DATI - Dipende dai soldi (che nel Meridione scarseggiano di più) la netta spaccatura dei numeri delle separazioni nel nostro Paese: al nord rispetto al 2019 sono aumentate del 30%, mentre al sud solo della metà, secondo le stime dell’Ami nazionale (Associazione avvocati matrimonialisti italiani). Ma se si circoscrive l’analisi alla provincia di Bari si è addirittura in controtendenza. In base ai dati estrapolati dal Sicid (Sistema informatico contenzioso civile distrettuale) e forniti dall’avvocato Rosa Angela Martucci- Zecca, presidente dell’Ami Puglia (sezione distrettuale di Bari), le iscrizioni a ruolo presso il Tribunale Civile di Bari, a partire dal 9 marzo scorso, inizio del lockdown, fino a oggi (10 mesi), sono state 1.221 per le separazioni (818 consensuali e 403 giudiziali), mentre dal 1° gennaio del 2019 all’8 marzo 2020 (14 mesi) sono state 1.927 (1.410 e 517). La riduzione è dunque considerevole, sia pure calcolata su periodi non del tutto omogenei. Il decremento, dovuto anche al rallentamento del sistema giudiziario, si registra pure riguardo ai divorzi iscritti a ruolo: 818 dal 9 marzo a oggi (459 congiunti e 359 contenziosi), comunque meno dei 1.404 (903 e 501) tra l’1° gennaio 2019 e l’8 marzo 2020.
DISSIDI - Al di là delle cifre, i dissidi a volte hanno un esito drammatico e tragico. Lo scorso anno c’è stato in Italia un aumento del 70% delle violenze all'interno della famiglia e del 20% dei femminicidi. Proprio la violenza famigliare (30% dei casi) è una delle cause prevalenti della rottura nelle coppie (290mila circa quelle coniugate nel Barese), seconda solo all’infedeltà (40%), che al tempo di Internet (e ancor più del Covid) è pure virtuale (nel senso che si scopre in Rete attraverso i social e le chat). «Di sicuro - afferma Martucci-Zecca - la convivenza forzata di questi mesi ha indotto a una profonda riflessione riguardo alle relazioni perché un conto è condividere parte della giornata o i fine settimana e un altro è ritrovarsi insieme tutto il giorno perché si è in lavoro agile o in cassa integrazione oppure, peggio, isolati in stanza perché malati di Covid, mentre nell’altra parte dell’apparta - mento ci sono i figli in Dad. In queste condizioni è sicuramente più facile esplodere arrivando alla richiesta di separazione ».
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