MOLA DI BARI - È stata celebrata in tutto il mondo. Il New York Times ne ha esaltato le capacità narrative espresse nei documentari di inchiesta girati in Vietnam tra il 1965 e il 1966 (la guerra del Vietnam è nota come la guerra di resistenza contro gli Stati Uniti, durata dal 1955 al 1975, che costò la vita a migliaia di civili e militari) e nelle numerose pellicole che raccontano l’Italia in guerra, i cambiamenti sociali, il femminismo e i drammi sociali legati al boom economico degli anni Sessanta.
Cecilia Mangini, 93enne, è la «madre» riconosciuta del documentarismo femminile italiano nel mondo, una femminista che ha dovuto sgomitare non poco per farsi spazio in un settore monopolizzato dagli uomini.
Ieri la sua straordinaria carriera e il suo impegno sono stati riconosciuti dalla comunità di Mola, la città che le ha dato i natali nel 1927, con la consegna delle chiavi della città.
«È stato un momento per me emozionante - dice la Mangini -. È stato straordinario ricevere l’abbraccio della mia città cui sono legata da tanti affetti e che giovanissima ho dovuto lasciare».
Nata in pieno ventennio fascista, la documentarista ha dovuto fare appello a tutta la sua «passione - dice - per affermarmi in anni in cui il cinema e quel mondo erano quasi totalmente di dominio maschile». Hanno parlato di lei come di una femminista ante litteram. Sicuramente la Mangini ha dovuto fronteggiare grandi difficoltà per superare i ruoli marginali in cui venivano relegate le donne in quegli anni e per confrontarsi alla pari, da regista a regista, con il mondo maschile.
«Essere donna era una specie di condanna agli arresti domiciliari», dice Cecilia Mangini ricordando quegli anni. Il suo è stato definito cinema e documentarismo di impegno politico e civile; cinema di denuncia, di analisi del sociale. Madre fiorentina e padre molese, si trasferì a Firenze, con la famiglia, all’età di sei anni, dove esordì ventenne come critica cinematografica e successivamente si affermò per i suoi lavori (i più noti: «Stendalì», «La canta delle Marane», «All’armi siam fascisti» girato col marito Lino Del Fra, «Essere donne», «Brindisi ‘66» e l’impatto del petrolchimico sul territorio, «Comizi d’amore ‘80», «In viaggio con Cecilia»).
A Mola è tornata più volte. «Ma questo grande abbraccio non lo dimenticherò facilmente», confessa.
Si dichiara «emozionato» anche il sindaco Giuseppe Colonna che ha consegnato, a nome di tutta la comunità, la Chiave della città «alla regista, scenografa e fotografa 93enne, Cecilia Mangini, nostra concittadina, prima documentarista donna della storia italiana».
Una splendida chiave tenuta stretta dal cirro di un polpo, interamente realizzata a mano dalla artista Maria Elena Savini, «che vuol dimostrare l’affetto della nostra comunità e che ritengo sia stato il modo migliore per mostrarle riconoscenza, non soltanto per i suoi indubbi meriti artistici, ma anche per la sua sensibilità nei confronti del sociale, documentando le condizioni dei lavoratori, le periferie e l’anima del Sud».