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Bari, Cassa Prestanza condannata a pagare 100 mila euro a 3 ex dipendenti comunali

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

Bari, Comune condannato per la Cassa prestanza: paghi 100mila euro a tre ex dpendenti

Per il giudice del lavoro la sospensione dei contributi da parte dell'ente non è motivo per non riconoscere il dovuto ai lavoratori che hanno versato

Mercoledì 04 Marzo 2020, 15:00

19:55

La sospensione delle erogazioni del Comune di Bari a favore di Cassa Prestanza non è un motivo di per sé sufficiente per giustificare quello che per il Tribunale di Bari sezione Lavoro è un inadempimento da parte del fondo mutualistico ai danni di tre ex dipendenti comunali. Si snoda su questa falsariga il ragionamento seguito dal giudice Vincenzo Maria Tedesco che ha accolto il ricorso presentato da tre ex dipendenti del Comune di Bari che lamentavano di non avere ottenuto tutta la buonuscita loro spettante. Il Tribunale ha così condannato la Cassa di previdenza sovvenzioni ed assistenza tra i dipendenti del Comune di Bari (Cassa Prestanza) a pagare complessivamente oltre 110mila euro. L’ente dovrà anche pagare le spese processuali.

Per capire questa storia occorre fare un lungo passo indietro, riannodando i fili della memoria a quasi un secolo fa, al 1924 per esattezza quando venne istituito l’ente di mutua assistenza finanziaria dei dipendenti del Comune che garantisce (meglio dire garantiva) una buonuscita a chi va in pensione e che concede prestiti (meglio dire concedeva) a chi è ancora in servizio. Gestito dagli stessi dipendenti comunali, da qualche anno è finito al centro di polemiche e proteste perché non riesce più ad erogare le prestazioni per le quali era stato istituito.

Ad appesantire la gestione, lo stop al contributo pubblico di 500mila euro annui che il Comune erogava da 15 anni, versamenti dichiarati illegittimi dalla Corte dei conti, in seguito ad un’istanza presentata dall’allora gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle. Da novembre scorso, è stato stoppato anche il prelievo del 3% dagli stipendi dei dipendenti comunali iscritti. Risultato: il salvadanaio si svuota e in tanti hanno diritto ad attingere. Al punto che i debiti a fine 2019 sfioravano gli 8,4 milioni (frutto dell’ondata di pensionamenti) a fronte di un attivo attorno a 3,8 milioni, per un deficit al limite dei 5 milioni, al quale si devono sommare oltre 10 milioni frutto dei versamenti effettuati negli anni dal personale iscritto alla Cassa. In tutto questo, i dipendenti comunali che hanno già versato, non ricevono quanto gli spetta.

E veniamo ai nostri giorni, cioè al ricorso presentato da tre ex dipendenti Comunali, assistiti dagli avvocati Alvio Perosa e Gennaro Paldera. Anzitutto il giudice del lavoro ha escluso che vi fossero i presupposti per sospendere il giudizio «sulla base della mera sussistenza di indagini preliminari avviate sulla scorta di denuncia penale di altro soggetto, estraneo al giudizio».

Anche la Procura di Bari, dunque, ha acceso un faro sulla gestione dell’Ente, ma non essendo ancora stata esercitata l’azione penale - spiega il Tribunale del Lavoro - non c’è alcuna questione pregiudiziale. Venendo al merito, «pacifico il mancato pagamento delle spettanze azionate, si rende necessario verificare in che misura la cessazione dei versamenti da parte del Comune possa giustificare l’inadempimento», è scritto in sentenza. Già da gennaio 2017, il fondo «disponeva la corresponsione delle gratifiche di fine servizio, procedendo secondo anticipazioni» per far fronte alla «ridotta disponibilità di risorse» e per cercare di assicurare ai dipendenti andati in pensione omogeneità di trattamento ai numerosi dipendenti cessati dal servizio o in procinto di lasciare, 51 (nel 2017), 84 (2018), 81 (2019), 90 (2020).

Il dietrofront del Comune che non eroga più il suo contributo «non basta di per sé solo a giustificare l’inadempimento e a liberare l’obbligato inadempiente (Cassa Prestanza - n.d.r.) da ogni responsabilità. Affinché tale effetto estintivo si produca è necessario, infatti, che l’ordine o il divieto dell’autorità sia configurabile come un fatto totalmente estraneo alla volontà del debitore ed all’obbligo di ordinaria diligenza che sullo stesso incombe», scrive il Tribunale.

«La stessa alterità patrimoniale, che sottrae il Comune di Bari da qualsiasi vincolo obbligatorio, parallelamente giustifica una statuizione di condanna nei confronti della Cassa Prestanza, atteso quest’ultima è solo direttamente coinvolta dal divieto posto a carico dell’ente locale e resta tenuta a fronteggiare le pretese dei propri iscritti con i mezzi e le risorse di cui autonomamente dispone». Se Cassa Prestanza non è in grado di adempiere le sue obbligazioni, insomma, non è colpa del Comune.

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