Anna, 49 anni, un figlio e un marito, ha finalmente tra le mani la sua card. Non è che ne avrebbe proprio diritto, visto che il lunario lo sbarca da tempo facendo la donna delle pulizie, in nero ovviamente. Però, tecnicamente, aveva tutte le carte in regola per ottenere il reddito di cittadinanza. Così ha fatto la domanda agli inizi di marzo e, dopo nemmeno due mesi, ecco la preziosa card.
Ma Anna è abbastanza disorientata. «La spesa so che posso farla, ma non è che mi fruscio 500 euro al mese di spesa. A me bastano 100, 120 euro, per quel che mangiamo. Poi la domenica andiamo da mamma o da mia suocera, che poi ci danno le cose per i giorni successivi. Sto sempre a congelare e scongelare...». Va bene, insomma, 500 euro al mese di spesa ad Anna non servono. I suoi dubbi: «Ma posso andare dal parrucchiere a farmi la tinta? Posso comprare un paio di scarpe nuove? E oltre tutto, se devo andare a un matrimonio, a una prima comunione, me le posso comprare belle, alte, di marca? O mi controllano e me la tolgono?».
Anna è una delle tante persone che vivono nel sottobosco, in quel limbo della sottoccupazione dove le parole «contributi», «busta paga», «giorni di malattia» sono banditi. Un ampio territorio sociale popolato da donne e uomini ufficialmente senza lavoro e senza reddito, potenziali beneficiari dei numerosi aiuti pubblici. Di fatto, ciascuna di queste persone, un modo per campare lo ha già trovato. Alla soglia dei 50 anni, in ogni caso, Anna per la prima volta ha fiducia nella politica: «I 5 stelle avevano detto che avrebbero dato il reddito di cittadinanza e hanno mantenuto la parola. Li voto pure alle elezioni comunali». Forse, tuttavia, Anna e la sua famiglia non sono proprio uno degli esempi di vero bisogno. Suo marito lavora saltuariamente in un’azienda edile (ovviamente in nero). Spesso dà una mano a un amico che ha un’impresa di impianti elettrici. Lui, ufficialmente, è residente a casa di sua madre, al quartiere San Paolo, un escamotage fatto per non perdere l’alloggio popolare quando la donna rimase vedova (trucchi della burocrazia). Anna vive in fitto in un appartamento a Catino. Una delle signore a cui fa i servizi non ha mai voluto regolarizzarla (ci va da circa 20 anni). Le altre due persone che nel frattempo Anna ha recuperato per arrivare a un mensile di oltre 1.000 euro, le avevano proposto un contrattino o i voucher, ma lei a quel punto ha rifiutato: «ormai è tardi per mettere insieme contributi previdenziali».
Ma la nuova card è diventata un’ossessione. «Se non li spendo tutti in un mese che fanno, me li tolgono? O me li ritrovo sulla carta il mese successivo? Sarà che io sono mezza ignorante, ma possibile che non c’è una spiegazione da nessuna parte. Su internet ho provato a cercare informazioni, ma non c’ho capito nulla e da giorni vado trovando un cristiano che mi spieghi come funziona questo benedetto reddito di cittadinanza. Ad esempio: posso pagare le cartelle di Equitalia? Posso comprare le sigarette? Le bollette ad aprile già le ho pagate e nessuno sa spiegarmi se con i soldi di questo mese posso pagare le bollette di maggio. È un casino. Ma gli altri come fanno?».
Anna ha provato a contattare il numero verde dell’Inps, ma le è stato risposto che poteva ricevere informazioni solo su come accedere al servizio, non altro. Un’anima buona, sempre all’Inps, le ha dato anche un numero di Roma, dove il risponditore automatico assiste l’utente ma solo sull’attivazione della card. «Allora sono andata alle Poste. Ho chiesto: ce l’avete un depliant dove vedo cosa posso comprare e cosa no, se devo spendere tutti e 500 euro in un mese o mi posso conservare qualcosa?». Ma anche in due distinti uffici postali Anna non è riuscita ad ottenere le risposte che cerca. In un Centro di assistenza fiscale, invece, una donna le ha consigliato di fare provviste, di andare al supermercato e comprare cibo o detersivi o altre cose per la casa e fare le scorte. «Io voglio i soldi in mano! Che me ne devo fare delle provviste. Voglio i contanti che poi so io cosa mi serve e cosa no».