BARI - «La strada è lastricata di buone intenzioni, per andare in Paradiso però ci vogliono i fatti». Filippo Anelli, presidente nazionale della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri) e presidente provinciale della Fimmg (Federazione italiana medici di Medicina generale), commenta così le dichiarazioni del Governo in merito agli interventi in cantiere per rimediare all'esodo di medici previsto nei prossimi anni a causa dei pensionamenti. L'intenzione dell'esecutivo è sbloccare le assunzioni, rinnovare i contratti, aumentare il numero delle borse di specializzazione, ovviare quindi all'assenza di specialisti trovando una soluzione complessiva all'emergenza. Insomma, programmare il ricambio per superare la carenza di 16-17mila medici stimata al 2025.
IL VINCOLO DI SPESA Per far questo, si sta intanto pensando (i ministeri della Salute e dell'Economia avrebbero trovato l'intesa) di superare il vincolo che frena le Regioni (il budget del 2004 diminuito dell'1,4%): il livello di riferimento per le assunzioni diventerebbe la spesa del 2018. Se anche però dovessero aumentare ogni anno le risorse da destinare ai nuovi contratti per medici e infermieri (la norma in discussione prevede infatti che ci possano essere maggiori somme, sfruttando ogni anno il 5% degli aumenti del Fondo sanitario nazionale) ciò non riguarderebbe di fatto la Puglia, alle prese con il piano di rientro sanitario. «Non abbiamo capito - dice Anelli - se questa norma produca davvero l'aumento delle risorse per favorire le assunzioni. È positivo che il provvedimento valga per tutte le Regioni, ma il 5% premia quelle che hanno più soldi e il divario tra Nord e Sud non viene colmato».
Insomma, la norma sblocca-assunzioni non sembra essere condivisa dai medici, che esprimono più di un dubbio sulla possibilità che ci siano effettivamente altre risorse a disposizione. «Il provvedimento va studiato, ma fissare la spesa al 2018 rispetto a quella del 2009 - sottolinea Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Anaao Assomed (l'Associazione dei medici e dirigenti del servizio sanitario nazionale) - significa storicizzare la perdita registrata in questi anni, pari a 50mila infermieri e 10mila dirigenti medici. Cioè, gli operatori sanitari persi dal 2009 al 2018 non verranno più recuperati», Non solo: «Se i 50 milioni previsti venissero destinati solo all'assunzione di medici, basterebbero solo per 500 camici bianchi. E, sempre ammesso che il Pil non si blocchi, perché in questo caso non ci sarebbe alcun incremento».
L’ALLARME RESTA L'allarme, dunque, resta. Il recente studio dell'Anaao Assomed ha evidenziato come la previsione indichi in 52mila il numero dei medici specialisti impiegati nella sanità pubblica in procinto di andare in pensione da qui al 2025, la metà dei 105mila in organico oggi. Il sistema, non consentendo un ricambio, determinerà un deficit in Italia di 16.700 specialisti tra ospedali e servizi territoriali perché, oltre all'insufficienza delle borse di specializzazione, va tenuto conto anche che i nuovi specialisti uscenti dalle scuole universitarie optano e opteranno, almeno nel 25% dei casi, per altre soluzioni: l'attività nel privato, sia in regime libero professionale sia di dipendenza, la specialistica ambulatoriale in convenzione, la carriera universitaria, la migrazione verso Paesi europei o extraeuropei. «Si rischia davvero di dover richiamare i pensionati - afferma Giosafatte Pallotta, segretario pugliese dell'Anaao, commentando quel che ha pensato di fare il Molise -. I medici non ci sono. Ormai non arrivano neanche più da Paesi come la Bulgaria, dove, per evitare la fuga, hanno triplicato gli stipendi».
IN PUGLIA In Puglia, da qui al 2025, mancheranno 1.686 medici. A fronte di 3.292 pensionamenti, si stima infatti il subentro di 2.422 neo-specialisti: lo sbilancio procurerà carenze soprattutto in medicina d'emergenza e urgenza (498 medici), cardiologia (104 medici), chirurgia generale (97), anestesia (93), ginecologia (73), medicina interna (78), ortopedia (64), pediatria (216) e radiodiagnostica (77). I buchi, peraltro, già ci sono, anche indipendentemente dagli effetti della quota 100 prevista nella legge di Bilancio. Da questo punto di vista, sebbene nel triennio 2019-2021 l'anticipo potrebbe interessare 18.000 medici italiani, la riduzione dell'assegno pensionistico, la limitazione della libera professione e il divieto del cumulo previdenziale determineranno di fatto l'uscita di non più del 25% (4.500) degli aventi i requisiti. Anche i recenti dati Inps sembrano corroborare tale previsione.
IN PROVINCIA DI BARI A ulteriore conferma, basti riportare quanto sta accadendo nella provincia di Bari. Secondo i dati forniti dall'Azienda ospedaliero-universitaria consorziale Policlinico di Bari, nessun medico, tra i lavoratori interessati, ha fatto richiesta di pensionamento secondo i requisiti previsti dalla «quota 100» (la tendenza semmai è quella di restare al lavoro il più a lungo possibile, anche perché si arriva all'assunzione a età già avanzata). Può essere che qualcuno lo faccia da qui ai prossimi mesi (la proiezione è di 150 uscite, Pediatrico compreso), ma normalmente le uscite avvengono secondo le regole della legge Fornero, sia per i medici sia per le altre figure in organico. Nel 2018, ad esempio, sono andati via 25 medici, 45 infermieri, 13 amministrativi, 13 operatori socio-sanitari, più altri 50 con ruoli diversi per un totale di 146. Riguardo ai dirigenti medici, per ovviare ai disagi, si è attinto dagli elenchi di sostituzione temporanea (con contratti a tempo determinato). Intanto, si sta provvedendo a potenziare l’organico attraverso i concorsi (quattro posti a Urologia, due a Ortopedia e poi Psichiatria, Oncologia e Farmacia). Va segnalato che dal 1° aprile prenderanno servizio al Pediatrico Giovanni XXIII una ventina di dirigenti medici, tra cui pediatri, medici di radiodiagnostica e neuropsichiatri infantili.
ASL BARI Alcuni casi di uscita con «quota 100» si registrano invece nell'Asl Bari (circa 2mila dipendenti, tra i 1500 dirigenti medici e veterinari, i 200 dirigenti sanitari e gli amministrativi, gli analisti informatici, gli avvocati eccetera). Al momento, dei 40 che hanno fatto richiesta di pensionamento (80 gli infermieri), 9 medici (più un veterinario) hanno deciso di approfittare della legge fortemente voluta dalla Lega: nel dettaglio, ne usciranno entro pochi mesi 2 dall'ospedale Di Venere, 1 da San Paolo, Monopoli, Altamura e Putignano, 1 dal Dipartimento di prevenzione e 2 dai poliambulatori. La media di pensionamenti è di un centinaio all'anno, esodo che ha messo in difficoltà soprattutto il settore ell'emergenza e urgenza (per la penuria di anestesisti, ortopedici, specialisti di radiodiagnostica). I disagi anche qui sono stati temporanemente superati con contratti a tempo determinato. Ai concorsi, però, vista la scarsità di specializzati, si presentano spesso in pochi, soprattutto per alcune posizioni. Oppure, una volta superati, i medici colgono la prima occasione per chiedere il trasferimento negli ospedali più ambiti. Come afferma Anelli, «tutti vogliono andare nei grandi ospedali con la conseguenza di un servizio sempre più scadente in periferia. Il rischio è di dover chiudere i presidi». O in alternativa, come ribadisce Pallotta, «in futuro l'unica soluzione sarà davvero richiamare i pensionati».
I CONTI Il conteggio, del resto, è facile, anche volendo circoscrivere le previsioni (e le carenze rilevate) fatte su scala regionale. Visto che la media annua, solo considerando il Policlinico di Bari e la Asl Bari, è di oltre 100 medici in pensione (ma si innalzerà progressivamente nel prossimo decennio), si capisce immediatamente che le 250 borse di specializzazione annue finanziate in Puglia sono largamente insufficienti (e non tutti i medici, ripetiamo, finiscono poi nel sistema pubblico italiano). La situazione, se possibile, è ancora più grave per la categoria dei medici di medicina generale. Rispetto al triennio 2018-2021, il riparto riguardante i corsi di formazione specifica ha previsto, per la Regione Puglia, finanziamenti per 164 borse di studio, una media di poco più di 54 all'anno per tutte le sei province. Inutile proseguire oltre, è sufficiente un dato: secondo uno studio della Fimmg, solo nella provincia di Bari, dei mille in servizio (più un centinaio nelle ex Guardie mediche), la metà dei medici di base sarà in pensione entro il 2024. Se ne andranno, dunque, in 563 nei prossimi sei anni (quota 100 a parte...). E la riserva dei medici in graduatoria non basterà: si esaurirà molto presto...