C’è l’operaio della grande multinazionale che ti dice che per sopportare i turni massacranti e l’infima qualità della vita non può far altro che tirare cocaina. C’è chi ti parla di favolosi investimenti, chi di capannoni abbandonati. Ci sono vertenze lunghissime e dolorose (come quella dela ex Om Carrelli), aziende agonizzanti ma anche marchi che continuano a far gola agli investitori internazionali, come la Magneti Marelli, ultimo caso in ordine di tempo. È allora solo una questione da bicchiere mezzopieno/mezzovuoto?
Al di là delle visioni personali, la nostra zona industriale non è solo una delle fondamentali chiavi di sviluppo ma è ancora un enorme interrogativo sul reale peso economico (e politico) visto il declino di certe politiche di investimento. È vero che la esasperata burocrazia italiana tiene lontani i grossi imprenditori stranieri? È vero che la cosiddetta criminalità predatoria ha spaventato i piccoli imprenditori? È vero che molti baresi e pugliesi preferiscono insediare o trasferire aziende all’estero (dove la burocrazia è «malleabile» e la manodopera a basso costo)?
Sono solo alcune delle domande che la Gazzetta formula oggi ai partecipanti del forum in programma lunedì mattina nella sede del giornale. Intorno al tavolo, con il direttore Giuseppe De Tomaso, il presidente della task force sull’occupazione della Regione Puglia Leo Caroli, il segretario generale della Cgil Bari Gigia Bucci, il presidente del consorzio Asi Emanuele Martinelli e il noto imprenditore barese della ristorazione, Vito Ladisa. Con i nostri ospiti tenteremo di illuminare le zone d’ombra e di individuare l’autentica vocazione di un’area spesso colpevolmente dimenticata dalle stesse istituzioni.