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La campagna elettorale più distratta di sempre

 
Leonardo petrocelli

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Leonardo petrocelli

referendum costituzionale

Elezioni e referendum alle porte. Nonostante gli argomenti di fondamentale importanza, i cittadini sono distratti da ben altre questioni

Venerdì 21 Agosto 2020, 18:09

Mai come in questa tornata elettorale il peso delle scelte potrebbe essere decisivo. Ci sono le Regionali con tante partite in bilico e i casi Marche e Puglia che potrebbero far tremare il Governo (a cui, per il momento, tremano solo i polsi). C’è il referendum sul taglio dei parlamentari, cavallo di battaglia pentastellato, che «sfronda» l’abbondanza della casta ma pone problemi di rappresentanza, soprattutto al Sud. E infine ci sono le Comunali con 18 capoluoghi di provincia e tre di regione chiamati a scegliere il primo cittadino. Insomma, mica bruscolini. Se la si guarda dalla Puglia, poi, tutta la faccenda appare un passaggio pressoché cruciale. Ma non è finita. Perché provando ad alzare la testa e a incrociare lo sguardo impietoso del solleone, ecco che l’impasto diventa ancora più singolare: mai, nella storia italica, una contesa di questo peso si era sviluppata in pieno agosto, con la campagna elettorale in costume da bagno e il voto fissato a settembre, quando l’universo si è appena rimesso in marcia.

In questo clima epico da guerra di Troia c’è solo un piccolo e fantozziano problema: il cittadino sembra in altre faccende affaccendato. Per carità, la politica ci mette del suo lavorando senza sosta a trattative, alleanze, fusioni, accordi con la certosina perizia di un alchimista tra gli alambicchi. Tutto divertentissimo per gli addetti ai lavori, giornalisti compresi, ma molto meno entusiasmante per l’elettore medio che, nella contingenza, ha qualche gatta da pelare. Ma giusto un paio. Per esempio sperare che i figli non ritornino dalle vacanze in Grecia o Spagna - che, saggiamente, vanno fortissimo - con addosso tutti i virus della galassia. O che non si imboschino, a discoteche chiuse, in qualche festa privata con cinquanta persone a strusciarsi in una cameretta.

Poi c’è l’amletica domanda che vale anche per i neoassunti: arriverà prima la Cassa integrazione Covid o la pensione? Infine, la madre di tutti i deliri: la riapertura delle scuole che, ormai, è diventata un rompicapo così inestricabile da pensionare il cubo di Rubik, tra banchi a rotelle (la cui utilità è una faccenda quasi metafisica) e mascherine da indossare per ore e ore come nemmeno il Diabolik delle migliori occasioni.

E allora eccolo là l’elettore medio che vaga nella città assolata con i figli a Barcellona, gli ammortizzatori sociali a intermittenza e il destino scolastico della prole avvolto dalle nebbie post Covid. Il bollettino dei contagi non è incoraggiante e il piatto (economico) piange. Sorridono, timidamente, solo i faccioni sui manifesti elettorali. Ma il signor Mario Rossi avrà davvero voglia di appassionarsi alla battaglia delle urne? Di certo, la pandemia ha restituito, in qualche forma, il senso del «collettivo» nonché la certezza che da soli non ce la si possa fare: servono soluzioni, strutture, soldi. Una sanità decente e un welfare robusto. Lo Stato non deve morire, come la Misery del romanzo più famoso di Stephen King. Ma al voto mancano poche settimane e la testa, si avverte nell’aria, è altrove tra preoccupazione per il domani e la voglia, più che lecita, di evasione. Le piazze sono minacciate dal Covid e i social, termometro del moderno sentire, prestano più orecchio ai bollettini che alle parole di governatori e aspiranti tali. E poi, diciamocelo pure, i candidati sembrano un po’ tutti fuori forma, pallidi, atoni, oltre che incredibilmente sudati. Ma tocca a loro. Sta alla politica recuperare l’attenzione dell’elettore agostano, disperatamente interessato alle soluzioni tecniche e per nulla appassionato alle capriole dei partiti. Ecco, mettere via gli alambicchi sarebbe già un primo passo in avanti.

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