Cinquant’anni dopo Agostini e la sua Mv Augusta, la Ducati ha scritto con Bagnaia una pagina storica del motociclismo tricolore: di nuovo un binomio italiano in cima al mondo, nella MotoGp.
Il trionfo della scuderia di Borgo Panigale porta anche la firma di un pugliese: Michele Pirro. L’esperto pilota di San Giovanni Rotondo, 36 anni, è dal 2013 collaudatore della casa emiliana: ha contribuito in maniera fattiva allo sviluppo e al rilancio della Desmosedici, all’impresa mondiale della «Rossa» delle due ruote. «La gioia è immensa – racconta il centauro della provincia di Foggia il giorno dopo la gara di Valencia, che ha riconsegnato all’Italia il titolo iridato -. Sono ore di grande euforia. Mi sono scatenato ai box e in pista, poi abbiamo festeggiato fino a tarda notte. Sono emozioni che non capitano tutti i giorni. Dobbiamo ancora realizzare a pieno quello che è successo. Un traguardo straordinario, che resterà nella storia del nostro motociclismo».
Quando e come nasce la riscossa della Ducati?
«Il Mondiale è il coronamento di un lungo percorso, partito dieci anni fa. All’epoca la Desmosedici non funzionava: non sentivi l’anteriore, si guidava a sensazione. Era un “cavallo pazzo” che solo Stoner era riuscito a domare. Anche Valentino Rossi aveva fallito, nessuno voleva venire da noi. Nel 2015 varammo il nuovo progetto dell’ingegnere Dall’Igna, fu la svolta. La moto è migliorata in tutti gli aspetti: conservando l’assetto di base, abbiamo di volta in volta perfezionato qualcosa».
Sembrava che anche il 2022 potesse essere un anno stregato.
«Sulla carta avevamo l’abbinata più forte moto-pilota, ma fino a giugno alcune cose non si erano incastrate. Poi Quartararo ha commesso degli errori, che da lui non ci si attendeva: ad Aragon, dove ci fu la collisione con Marquez, e a Phillip Island, e noi abbiamo approfittato dimostrando a pieno il nostro valore. Ad inizio estate sembrava che il discorso fosse già chiuso, a favore della Yamaha. Invece la situazione si è ribaltata. Quest’anno ho imparato ancora di più che, nel motociclismo, fino all’ultima corsa non è mai detta l’ultima parola».
Che pilota è Bagnaia?
«Capii subito che era un predestinato, dal momento in cui iniziò a correre i campionati nazionali. Al di là della sua bravura in sella, è umile. Condividiamo gli stessi valori. Siamo amici, ci confrontiamo molto. È uno dei segreti del nostro successo, quello di essere una famiglia».
Per Pirro che valore ha questo titolo mondiale?
«È una grande soddisfazione, il coronamento di anni di duro lavoro, sacrifici e rinunce. Non ho avuto la possibilità di dimostrare il mio valore da pilota nella MotoGp ma in questi anni ho vissuto tutte le gare come se fossi io in pista al timone della Desmosedici. Ma non si smette mai di correre, e siamo già proiettati alla stagione 2023: nelle prossime ore avremo dei test a Valencia e la settimana successiva, ancora in Spagna, a Jerez. Sappiamo in cosa possiamo crescere, bisognerà poi vedere quanto le altre moto si presenteranno cambiate e migliorate ai nastri di partenza del prossimo Motomondiale».
E i piani di Pirro per il 2023 quali sono?
«Sarò ancora il collaudatore della Ducati, correrò tre gare in MotoGp e sarò di nuovo ai nastri di partenza della Superbike italiana, a caccia del mio decimo titolo tricolore. Sono fiero di essere tra i piloti più vincenti di sempre nei campionati nazionali. Agostini è inarrivabile, ma sarebbe bello avvicinarsi un altro po’ ai suoi record. Intanto potremmo vincere, in queste settimane, anche il Mondiale della Superbike, con Bautista. Sarebbe una stagione incredibile per tutti noi della Ducati».