Un ritorno alle origini per Irene Grandi. L’artista toscana, infatti, con il suo tour Io in blues, compie un viaggio di brani che attraversano un arco temporale che va dagli Anni ‘60 fino ai ‘90, canzoni che sono blues nell’anima e nell’ispirazione. Nel live, in programma domani alle 21 al Teatroteam di Bari (info: 080.5210877), Irene esegue brani di Etta James, Otis Redding, Willie Dixon, Tracy Chapman, Sade, ma anche alcuni suoi classici e della canzone italiana riarrangiati in chiave rock-blues: Pino Daniele, Lucio Battisti e Mina, della quale interpreta E Poi, un suo personale omaggio uscito con un video di animazione curato da Grègori Dessi.
Io in Blues è l’atto d’amore di una delle più importanti cantanti italiane ad alcuni dei più carismatici artisti internazionali e italiani che hanno reso, direttamente o indirettamente, immortale un genere come il blues, che è alla base di tutta la musica moderna. Il concerto barese, comunque, è una produzione originale diversa dalle altre date del tour. Ad affiancarla sul palco, infatti, non ci sarà la consueta band, ma Saverio Lanza alla chitarra e la Jazz Studio Orchestra, ensemble di 20 elementi diretta da Paolo Lepore.
Grandi, che ruolo ha avuto la cosiddetta «musica del diavolo» nella sua vita?
«Il mio primo innamoramento con la musica è avvenuto grazie a quelle canzoni degli Anni ‘60- ‘70 e anche a un film come The Blues Brothers. Avevo 15anni e quella pellicola mi segnò profondamente perché, oltre ad essere un grande capolavoro della cinematografia, aveva all’interno tanta buona musica, black ma anche rock & roll. Quel film mi ha segnato musicalmente e ho imparato ad essere un po’ ribelle come John Beluschi».
Quindi i suoi primi anni sono legati alla black music?
«Quando ho cominciato a cantare, a stare sul palco e condividerlo con i musicisti, il blues è stato un punto di riferimento importante sia per quando riguarda i brani cantati in inglese, che in italiano. Mi piacevano molto anche Battisti, Daniele, Zucchero, diciamo che questa è stata un po’ la mia formazione artistica. In un momento di assenza di energia e novità, mi sono riconnessa alle mie radici e ho trovato la forza, la sicurezza di una cosa che mi apparteneva. Così è nato questo progetto live».
Quali sono stati i suoi punti di riferimento dal punto di vista vocale?
«Sicuramente Sade, icona Anni ‘80 e ‘90. Naturalmente in quel periodo c’erano altri artisti che mi influenzarono come Prince, Police per il rock, Aretha Franklin, anche se non riuscivo a cantare tutto il suo difficile repertorio. Poi, ci sono gli italiani che ho già citato, in particolare Daniele con il quale ho avuto modo di duettare in Se mi vuoi, brano che propongo anche nel live insieme con Quanno chiove».
Nel concerto barese sarà accompagnata dalla Jso diretta da Paolo Lepore. Che dice di questa collaborazione?
«È una novità, ma anche una bella avventura. Speriamo sia un inizio di collaborazione con una big band in questo caso con quella di Paolo Lepore. Ovviamente, i brani in scaletta saranno eseguiti in modo diverso da come li propongo con la band, gli arrangiamenti sono diversi e c’è una sezione fiati. Tra i brani: Roadhouse Blues dei Doors, For What It’s Worth dei Buffalo Springfield, Baby Can I Hold You di Tracy Chapman e altri, compresi alcuni degli autori italiani e del mio repertorio, rigorosamente eseguiti in chiave blues e rock-blues».