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«Right Here», acustica ed elettronica convivono nel nuovo album del progetto White Ear

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«Right Ear», acustica ed elettronica convivono nel nuovo album del progetto White Ear

Di origini pugliesi, l'esperienza solista di Davide Fasulo mette insieme corde, archi, voce, percussioni, piano e sintetizzatori

Venerdì 24 Febbraio 2023, 15:45

15:46

Esce oggi 24 febbraio per Last Floor studio «Right Here», album d’esordio di White Ear, progetto solista di Davide Fasulo, polistrumentista di origini pugliesi che nei suoi live mette insieme corde, archi, voce, percussioni, piano e sintetizzatori grazie all’uso della registrazione ciclica, ospitando spesso altri musicisti o artisti visivi. Il disco nasce da una profonda ricerca musicale da cui deriva un lavoro caratterizzato dalla convivenza tra strumenti acustici ed elettronici, in uno stile aperto a diverse contaminazioni.

Perchè il nome White Ear e che importanza è data oggi all'ascolto, dal momento che viviamo in una società che sembra avere più l'urgenza di parlare che di ascoltare?

«White Ear, in inglese "orecchio bianco", è una variazione di "white noise", letteralmente "rumore bianco", il termine tecnico con cui si indica un suono afono come quello del mare, del vento, o di una radio FM senza segnale. Ciò che caratterizza questo rumore è la presenza simultanea di tutte le frequenze udibili, da qui un orecchio 'bianco' vuole evocare un'apertura all'ascolto il più ampia possibile. Un'altra caratteristica del rumore bianco è l'irregolarità dell'onda, un'oscillazione quasi casuale che mi piace associare all'imprevedibilità delle mie sessioni live, in cui i suoni e le note sono creati sul momento, per un'esibizione ogni volta diversa e, spero, sorprendente. L'ascolto e l'apertura a stili lontani dal mio sono stati fondamentali per la ricerca del mio suono. Per questo mi piace ascoltare interi album, o anche brani singoli ma nella loro completezza, cercando di non cadere nel vizio social di concedere pochi secondi di attenzione per ogni contenuto. È vero che l'utilizzo dei social ci porta ad avere poco ascolto, ma noto con piacere che il tema è sempre più diffuso, e magari con un po' di autocritica possiamo iniziare a cambiare attitudine. Anche questa nuova riscoperta del vinile mi fa pensare che ci sia un cambio di rotta rispetto ad una sempre minore attenzione».

Acustica ed elettronica convivono, ma i brani hanno temi forti: come sei riuscito a mettere insieme una forte ricerca musicale con canzoni che vogliono lanciare messaggi?

«Sento che l'espressione 'musica elettronica' oggi sia un po' limitante. Ormai gli strumenti elettronici convivono spesso con quelli acustici ed in contesti tra i più disparati. Più che nella scelta degli strumenti, la mia ricerca si basa su una simbiosi tra le loro diversità. Nel disco "Right here" ho cercato una componente elettronica che, seppur legata ad un sistema di loop, sia sempre in continua trasformazione tramite graduali variazioni sul suono, come per dare fluidità a qualcosa di apparentemente ripetitivo, vita a qualcosa di apparentemente freddo. Per quanto riguarda i messaggi presenti nei testi, sono riflessioni personali che inevitabilmente finiscono per riguardare la società in modo più ampio. L'interconnessione tra ricerca musicale e temi sociali avviene in modo spontaneo, perché la composizione dei due è simultanea. Succede spesso che l'incipit musicale di un brano mi suggerisca le prime parole del testo, che a loro volta suggeriscono un certo sviluppo musicale, e così via».

Quali sono i tuoi ascolti e gli artisti di riferimento?

«In questo periodo sto ascoltando artisti come James Blake, Sampha, Tigran Hamasyan, FKA Twigs, progetti molto diversi tra loro ma che hanno in comune un approccio innovativo alla composizione. Ma i miei ascolti in generale abbracciano molti generi, dalla classica al jazz, alla musica etnica e sperimentale. Occupandomi spesso di colonne sonore per il teatro, come per il recente "Il barone rampante" andato in scena tra gennaio e febbraio al Teatro Piccolo di Milano, mi ritrovo ad ascoltare musica di tutti i tipi, in quanto sono proprio gli stessi registi che mi propongono nuovi ascolti a cui ispirarmi per le musiche di scena. Tutto questo va a finire inevitabilmente nei miei brani, come per il disco "Right here", non per forza in termini di genere, ma spesso in sfumature che vanno a influire nello sviluppo delle composizioni».

Hai origini pugliesi, che rapporto hai mantenuto con la tua regione di nascita?

«Pur sentendomi molto lontano da sentimenti di appartenenza e orgoglio territoriale, sono legato alla terra in cui sono cresciuto e da cui mi sono sentito sempre sostenuto. Sono molto grato alla città di Brindisi, in cui ho fatto i primi concerti e mi sono confrontato con i diversi gruppi con cui dividevo i palchi e le sale prova, scambiandoci spunti e riflessioni utili sul fare musica, di cui ancora faccio tesoro. Quando vivevo in Puglia andavano forte la pizzica e il reggae, e ho fatto parte di diversi complessi di entrambi i generi. In particolare mi sento di ricordare il gruppo reggae con cui all'epoca girai l'Italia in lungo e in largo, gli Scamnum, perché purtroppo il cantante e fondatore Daniele 'Papai' Massaro ci ha lasciato da pochissimo».

Hai in programma attività live?

«Il 22 marzo presenterò il disco allo Sghetto Club di Bologna, in cui saranno presenti anche gli artisti che hanno collaborato all'album, che colgo l'occasione di citare in ordine di comparizione: Giorgia Faraone (alias Femmina), Enrica La Penna (Lapè), Fausto Dee, Sol Izkovitch, Vincenzo Destradis, Susanne Quicker, Meike Clarelli e Vinx Scorza. I testi sono scritti con la collaborazione di Robert Lincoln Hackett, madrelingua statunitense che oltre alla semplice revisione ha contribuito con un rilevante apporto poetico. Per quanto riguarda le prossime date del progetto White Ear, stiamo organizzando una serie di concerti tra sud e nord su cui ci si può tenere informati seguendo le pagine social del progetto».

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