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Lecce, Redi Hasa: «Il mio disco eco del passato»

 
Angela Leucci

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Angela Leucci

lecce, Redi Hasa, «Il mio disco eco del passato»

Il musicista presenta il suo lavoro discografico anticipato dal singolo 'Seasons going by'

Sabato 11 Aprile 2020, 14:26

La musica che nasce dall’esperienza di tutta una vita. È stato rilasciato il singolo “Seasons going by”, che fa parte del nuovo album di Redi Hasa - e ne anticipa l’uscita prevista per il 4 settembre con Decca Records. Il disco è ispirato alla sua storia da ragazzo, fuggito in Italia per cambiare vita con la cosa più preziosa che possedeva: un violoncello rubato. Si tratta del primo disco da solista per Hasa, dopo aver lavorato per molti anni come parte dell’ensemble di Ludovico Einaudi, non ultimo lo straordinario progetto “Seven Days Walking” del 2019. Nel nuovo album, Hasa mette in luce la natura “vocale” del violoncello, con una storia profondamente personale di speranza e sopravvivenza.

Hasa, da dove viene il titolo del disco?
«Dalla mia storia. Mia madre è stata insegnante di violoncello per 45 anni. Ho iniziato a studiarlo con lei, mi ha messo le mani sullo strumento per la prima volta. Nel 1997, mentre infuriava la guerra civile in Albania, non ebbi più la possibilità di studiare in conservatorio a Tirana. Avrei voluto finire gli studi, ma le scuole erano chiuse e c’era il coprifuoco alle 18. Mio fratello viveva in Italia da 5 anni e mi consigliò di andarlo a trovare a Lecce. Presi il violoncello dall’accademia e scappai con un visto turistico, approdando a Bari con un traghetto. Durante quel soggiorno, ne approfittai per fare l’esame al conservatorio di Lecce, vinsi anche la borsa di studio, ma avevo solo un visto turistico, per cui dovetti prima tornare a Tirana per mettere ordine ai documenti. Comprai anche un altro violoncello per l’accademia, ma non restituii quello che avevo preso, pagando una penale: compresero benissimo, suonavo quel violoncello da quando avevo 6 anni, è un amico che viaggia sempre accanto a me e mi ha salvato la vita. Con questo disco ho voluto raccontare la mia infanzia, quello momento che si vive quando siamo piccoli e sentiamo appieno la bellezza di ciò che ci circonda: per me sono i pini di Tirana, la strada di casa mia. La nostra vita è sempre più frenetica e si rischia di perdere dei momenti importanti se non ci si ferma per fissarli».

E il disco dal punto di vista strettamente musicale?
«Racchiude un po’ tutte le mie esperienze professionali, dalla musica classica su cui mi sono formato da piccolo, la musica tradizionale albanese, quella barocca, quella elettronica e tutto ciò che io sono adesso. Non riuscirei a dare un’etichetta dal punto di vista del genere musicale».

Come artista, come sta vivendo questo momento di auto-isolamento?
«È surreale, la prima volta in una situazione del genere. Ci siamo totalmente fermati: avevo in programma due tour, uno in Cina e Giappone con Ludovico Einaudi e poi in Europa, ma sono saltati. È molto difficile per noi artisti, il nostro lavoro è suonare per il pubblico e ora non si può fare. Penso che passerà molto tempo prima di tornare sul palco. Serve un aiuto da parte delle istituzioni, non ho sentito nessuno spendere parole per la nostra categoria: se ci cancella la cultura, si cancella l’identità di una nazione».

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