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Nascere a Bari, tra i cartoni: la «zona grigia» da dimenticare al Policlinico

 
Marisa Ingrosso

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Marisa Ingrosso

La presidente delle ostetriche: il parto influisce sui bambini

Lunedì 17 Agosto 2020, 15:06

15:08

Bari -  Nascere a Bari, tra i cartoni. Eccole le foto di questa «zona grigia» di Ginecologia, al Policlinico, le «quinte» delle storie di donne che, in questa estate post-pandemia, hanno denunciato disagio, sofferenza. Qui, con lettino ginecologico vista cartoni e con appeso all’armadio un calendario del 2018, sono arrivate in attesa del tampone per il Coronavirus. Questi, quindi, i luoghi fisici in cui collocare la storia in carne viva di partorienti positive al Covid (ma, in un caso, libere di gironzolare, come svelato su queste pagine); questo l’alveo in cui scorrono le denunce di carenza di personale («Ho visto due ostetriche destreggiarsi contemporaneamente per affrontare quattro parti», dice Rosa Laudadio su Facebook), o l’impossibilità di vedere il proprio neonato per 3 giorni (Emiliana De Frenza, a «Repubblica»).

Il presente dovrebbe essere differente, visto che il prof. Ettore Cicinelli, direttore di Ginecologia e Ostetricia, giovedì scorso ha inviato una circolare in cui si stabilisce la «allocazione di pazienti in attesa di esito di tampone naso-faringeo in singola stanza» e l’utilizzo dell’area grigia esclusivamente per la sola sosta temporanea dei casi indifferibili. Abbiamo fiducia che sia così. Dovrà essere così. Perché queste storie e queste foto chiamano tutti a responsabilità. Come spiega Domenica De Tommaso, presidente dell’Ordine delle Ostetriche di Bari e Bat, in queste stanze «è sbagliato tutto». Non solo i cartoni «quello sembra un carrello con i farmaci piuttosto incustoditi. Sembra un posto fatiscente.

Mi duole il cuore». Ma, soprattutto, c'è un aspetto che la presidente tiene a mettere in evidenza: «Noi – dice - siamo quello che nei 9 mesi nella pancia della mamma siamo stati. E siamo il nostro modo di venire al mondo. Noi siamo più vecchi di 9 mesi. In quel periodo il bambino apprende, per poi sviluppare, l’amore, l’odio, la paura. E si “è” anche per come si è nati: come e dove è avvenuto il parto e con i sentimenti con cui è arrivato il parto. Ci segna, come siamo nati». Tornano alla mente le parole della coraggiosa Laudadio su Fb: «Ho visto mamme piangere ed implorare la partoanalgesia, fatta quando ormai la dilatazione era completa, e questo perché l’anestesista era da solo». Travaglio a crudo, senza anestesia. In Puglia, in un ospedale universitario, le donne «implorano» che finisca l’anatema dell’Antico Testamento, il «partorirai con dolore». Che rabbia viene per la puerpera, che rabbia! Immaginiamo la paura, le lacrime. Da donna a donna, si consenta, ha la piena solidarietà: le hanno rovinato quella che è l’esperienza più bella ed estrema d’una vita intera.

Alla luce delle testimonianze, anche fotografiche, di questo chiamiamolo «passato prossimo» (da cancellare però), visto che se il figlio è di entrambi i genitori, il travaglio è invece delle sole signore e della loro creatura, l’incoraggiamento è alla struttura Sanitaria perché vigili e agisca per il meglio. Invece, alle donne del Sud che studiano, lavorano e pagano le tasse per poter avere il diritto, il diritto, di partorire con dignità in un ospedale pubblico, in un ambiente consono, con il personale adeguato e nel modo che più piace (salvo complicazioni), vien da dire: «Signore svegliatevi e riprendetevi il parto» («Riprendiamoci il parto!», Lang Raven, Savelli editore, 1978).

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