TARANTO - «Che questo sia un vero tempo di rinascita per tutto il nostro territorio; per tutti, particolarmente per i più bisognosi. Taranto, amata mia città, non fermarti mai, continua a camminare sempre e soprattutto, non staccarti mai dal cuore di questa nostra Madre, da Lei, prima stella del mattino illuminata da suo Figlio Gesù». È il messaggio consegnato ai fedeli dall’arcivescovo Filippo Santoro in occasione della processione dell’Addolorata. «Eccoci - ha detto nel suo discorso - ai piedi della scalinata di San Domenico nel cuore vivo e vero della città dei due Mari, Taranto vecchia e soprattutto sotto lo sguardo dolente della madre di Dio».
Monsignor Santoro ha poi rivolto un saluto al padre spirituale e parroco dell’Isola, monsignor Emanuele Ferro, e al priore Giancarlo Roberti. «Attraverso le loro persone - ha osservato - giunga a tutti i confratelli di questo pio sodalizio che si apprestano a principiare l’atteso pellegrinaggio, l’incoraggiamento per offrire un’autentica testimonianza di fede cristiana per le nostre strade in questa notte solenne e austera. Preghiamo la Madre del Vivente che invochi su di noi il dono della vita. Vita al riparo dalla minaccia contro la dignità, vita che gode del diritto della salute, vita benedetta da un lavoro degno perché si possa cooperare alla costruzione del Regno di Dio. La potenza di quest’icona peregrinante doni a ciascuno il giusto valore della vita e delle cose».
Santoro, per il quale sono gli ultimi riti da arcivescovo in carica, ha detto di aver «imparato a gustare in questi anni alcune delicatezze di questa processione. I confratelli, seppur attrezzati con le forcelle che possono in un certo consentire al simulacro una sosta, in realtà non le utilizzano mai così che l’Addolorata sia sempre in movimento. Di qui prendo l’augurio per questa Santa Pasqua sotto lo sguardo benedicente della Madonna».
Durante «gli anni del Covid - ha ricordato il presule - non potevamo fare la processione allora sono venuto qui a San Domenico ho guardato la mamma Addolorata e ho pianto con lei perché avevo perduto nella pandemia un caro amico nel pieno della sua vita. Ho fissato i suoi occhi, gli occhi di lei che aveva perduto il figlio e gli ho aperto il cuore. E siamo stati insieme con tutte le mamme, le mogli e le figlie che hanno pianto. E nell’affidamento a Gesù ho ritrovato il mio amico ed ho offerto i figli e le figlie di questa nostra terra perduti per la malattia, per l’inquinamento per la violenza. I figli dell’Ucraina e della Russia terribilmente uccisi, senza che nessuno faccia un serio negoziato di pace; gli adulti e i bambini affogati in modo disumano nel nostro mare Mediterraneo. Rivolgiamo la nostra supplica alla Madre del Signore».