Una mela al giorno
Il cuore e l'orologio che lo comanda: le «golden hours» indicate dal prof. Prati a Firenze
Il presidente Fondazione Centro per la Lotta contro l’Infarto ha organizzato e diretto un congresso, “Conoscere e curare il cuore”
Tempo presente, perfetto. Specialmente per il cuore che gli è collegato essendo esso tempo-dipendente e, insieme, tempo-determinante poiché, con i propri battiti esso diventa metronomo biologico e, sempre più, la ricerca scientifica ha indagato le sottili connessioni che esistono tra cuore e tempo. “Gli effetti dell’abbassamento del colesterolo sull’aterosclerosi sono noti. Più recentemente – ha detto il prof. Francesco Prati, presidente Fondazione Centro per la Lotta contro l’Infarto, che ha organizzato e diretto un congresso, a Firenze (“Conoscere e curare il cuore”) – ricerche qualificate hanno dimostrato e quantificato la riduzione della componente grassa, l’ispessimento della capsula fibrosa, la riduzione dell’infiammazione locale ed i benefici che cuore e arterie ne ricavano in seguito al marcato abbassamento del colesterolo cattivo LDL nel sangue. Ma, in quanto tempo i farmaci sortiscono l’effetto di stabilizzazione dell’aterosclerosi; in mesi oppure essi cambiano, da subito ed a lungo, la placca aterosclerotica (un “tappo” formato da grassi, cellule infiammatorie e muscolari lisce, origine dell’infarto ma anche di ictus cerebrale)? Dimostrato che scendere a valori molto bassi di LDL nell’immediato, fa migliorare ulteriormente la prognosi in soggetti con recente Sindrome Coronarica Acuta (infarto, ecc). L’efficacia clinica della riduzione precoce e transitoria conferma che i pazienti che raggiungono valori iniziali di LDL al di sotto di 15 mg/dl, grazie a trattamento aggressivo e precoce, rispetto ad una strategia che ne preveda controllo più graduale. Ovvero subito e decisamente per tagliare a livelli bassissimi il colesterolo per modificare le placche in modo significativo sin dalle prime settimane, mutandone le conseguenze cattive/estreme e la stessa vulnerabilità. Che sarà anche combattuta dalla marcata e precoce riduzione della componente infiammatoria della malattia.
Un “quando” anche per il trattamento del cuore in un infarto: quest’ultimo dipende dal “tappo” che occlude uno o più rami dell’arteria coronaria che, di conseguenza, non porta più sangue, energia e vita al cuore. Rimedio di emergenza è la rivascolarizzazione cioè lo sturare (a Bari, in dialetto efficace, si dice “sfolge”) il vaso, portar via il trombo. Ma immediatamente e radicalmente, cioè “sfolge” non solo il punto dove si è localizzato l’infarto ma anche eventuali (peraltro, di frequente riscontro) altri punti in via di chiusura (multivasale). La rivascolarizzazione completa di routine deve essere ottenuta o durante la stessa procedura in concomitanza del trattamento della lesione colpevole o con un successivo intervento, ma meno raccomandato, entro 45 giorni dallo “sfolge” della lesione colpevole individualizzata sulla base del rischio clinico del paziente e di considerazioni logistiche.
Ed ancora una “golden hour” nella gestione dello shock: meglio tanto, in fretta e presto. Lo shock cardiogeno è definito come uno stato di inadeguata perfusione d’organo dovuto primariamente ad una disfunzione di pompa cardiaca. La terapia dello shock cardiogeno si basa su due cardini fondamentali: il trattamento della causa sottostante, ad esempio la rivascolarizzazione miocardica in caso di infarto acuto e la terapia di supporto volta a migliorare la perfusione e l’ossigenazione attraverso l’utilizzo di farmaci vasoattivi e dispositivi di supporto meccanico al circolo.
Ed ancora, andare a vedere all’interno delle coronarie (imaging intracoronarico) è cosa buona e giusta. E, questa volta, nello stesso tempo che, nella cardiologia moderna, è appena iniziato.
Far presto, bene e tutto è il top.