La Banca Popolare di Bari si prepara alla rifondazione: dal voto capitario al voto azionario, dalla cooperativa alla spa. Oggi a Bari l’assemblea dei 70mila soci si esprimerà sul bilancio 2017. Entro settembre l’assemblea che darà il via alla nuova fase. Marco Jacobini non vede l’ora di cominciare la nuova sfida. Fosse dipeso da lui, dice, l’avrebbe già intrapresa da un pezzo.
Presidente Marco Jacobini, qual è la sua valutazione sul bilancio 2017 della Popolare di Bari?
Il bilancio 2017 tiene conto di una fase congiunturale assai difficile. Ciò nonostante, ha espresso risultati positivi: un utile in apparenza contenuto (1 milione), ma nei fatti soddisfacente, perché tiene conto di costi non ripetibili (24 milioni per il fondo Atlante e 7 milioni di partecipazione per le banche finite in default). Potevamo, ugualmente, chiudere il bilancio con un utile ben più importante, ma abbiamo preferito insistere, ancora una volta, sulla patrimonializzazione della banca.
La Popolare di Bari dispone di 2,4 miliardi di liquidità. Per fare cosa?
La liquidità è fondamentale nell’attività di una banca. Il mercato è per natura instabile, esposto agli alti e bassi. La liquidità costituisce la migliore garanzia contro la volubilità e la volatilità del sistema economico e finanziario. La liquidità è sinonimo di sicurezza, per tutti.
Girano voci su ipotesi di alleanze, di fusioni, nel mondo delle Popolari pugliesi, in particolare tra la Popolare di Bari e la Popolare di Puglia e Basilicata. Cosa c’è di vero?
È notorio che il numero delle banche debba continuare a diminuire. Lo dicono e lo chiedono un po’ tutti, a cominciare dagli organismi europei. Del resto tutta la politica di regolazione avviata dalla Bce spinge per gli accorpamenti tra gli istituti. È da 30 anni che dialoghiamo e ci confrontiamo con i vertici della Popolare di Puglia e Basilicata.
La Popolare di Bari si accinge a trasformarsi in spa: addio voto capitario avanti con il voto azionario. Rimpianti o nuove opportunità?
Il mio rammarico è uno solo: la perdita di tempo (due anni) nel passaggio dalla forma cooperativistica alla società per azioni. Una condizione di incertezza aggravata dallo stallo dell’economia che dura da 10 anni. Se avessimo potuto trasformarci in spa nel dicembre 2016 quando la banca aveva convocato due assemblee, avremmo potuto risolvere in parte i nostri problemi, che in questo momento corrispondono a una carenza di scambi sul mercato delle azioni.
Cosa si sente di dire, in proposito agli azionisti?
Il mercato, strutturalmente, non è pianficabile. Confido, però, che la trasformazione in spa possa aprire uno sbocco significativo.
La trasformazione in spa dovrebbe comportare una metamorfosi, un cambio di filosofia della banca. Sempre di più l’obiettivo dovrà essere quello di creare valore per gli azionisti. Il concetto di territorialità dovrà fare posto a quello esclusivo di redditività. La Popolare di Bari è pronta?
La filosofia della spa è radicalmente diversa dalla logica cooperativistica. La nostrastoria parla da sola: esprime una visione cooperativistica, più congeniale alle attese e alle esigenze del territorio. Questo non vuol dire che la Banca Popolare di Bari in più di mezzo secolo di vita abbia trascurato la redditività. Anzi. Lo dimostra la crescita costante della nostra azienda di credito. Ma la spa è un’altra cosa: redditività e convenienza economica diventano un obiettivo esclusivo.
Ma la territorialità non costituiva un rischio? Se il territorio finiva in crisi, ci rimetteva anche il sistema bancario?
Infatti. Quando il territorio soffre, i contraccolpi si riversano sul sistema bancario. Se il territorio in cui operiamo non avesse attraversato una crisi assai profonda, i nostri bilanci sarebbero stati assai più lusinghieri. Ma cosa dovrebbe fare una banca: ignorare gli appelli, le richieste di sostegno di imprese e famiglie e chiudere i rubinetti? È assai comodo fare banca nelle zone riche o perennemente in crescita. È assai più difficile fare banca in regioni meno sviluppate o più esposte alle congiunture negative.
La Popolare di Bari si è liberata di molte sofferenze, vendendo gli Npl a prezzi più vantaggiosi rispetto ad altri. Sofferenze però che vanno messe in conto all’aleatorietà del territorio.
Le nostre sofferenze sono derivate esclusivamente dalle difficoltà economiche del territorio, di sicuro non da affidamenti immotivati o da valutazioni erronee. Per quantità e qualità il volume delle sofferenze di Popolare di Bari risulta migliore rispetto alla media degli istituti comparabili. Ciò sta a dimostrare la bontà dei crediti che eroghiamo dai nostri sportelli. La verità è che è cambiata la modalità di verifica delle sofferenze, che in passato erano considerate quasi un salvadanaio (se ben accantonate), mentre oggi, sull’onda nelle normative europee, vengono ritenute un fardello di cui liberarsi sùbito Di conseguenza, quando scatta l’obbligo di disfarsi di un bene il prezzo scende immediatamente. E chi compra se ne giova. Pop-Bari ha cercato di riequilibrare il rapporto grazie a una struttura finanziaria innovativa adottata pure da altre banche. Ma, ripeto, Pop-Bari origina meno sofferenze rispetto ad altri istituti, pur operando in un territorio non paragonabile al Nord Italia e al suo Pil.
La struttura della banca è attrezzata per il passaggio dalla forma cooperativistica alla società per azioni?
La struttura dev’essere ed è in grado di fare bene sia con una banca srl sia con una banca spa. Semmai è la politica della banca a dover essere in sintonia con la nuova configurazione giuridica. Il che non sarà un problema, credo.
L’obiettivo della redditività comporterà un ripensamento della strategia di espansione che ha sempre caratterizzato la Popolare di Bari?
Redditività ed espansione non sono in contrasto. Quando c’è redditività, aumentano le opportunità di crescita. Piuttosto, sta cambiando il modello di business. La banca tradizionale dovrà cedere il passo a una banca tecnologicamente avanzata e con strumenti finanziari innovativi. È quanto stiamo facendo.
Quando si terrà l’assemblea che dovrà ratificare il passaggio alla spa?
Ritengo non più tardi di settembre. Siamo ancora in attesa degli ultimi pronunciamenti, da parte della Consulta e del Consiglio di Stato.
La sentenza del Consiglio di Stato potrebbe rimettere in discussione la vostra decisione di trasformarvi in spa?
Non credo. La strada è segnata.
E se il Consiglio di Stato non dovesse porre ostacoli alla costituzione di una holding?
Anche in questo caso non cambierebbe nulla, la strada più lineare ed efficace è quella tracciata.
Cosa cambierà per gli investitori, dopo l’avvento della spa?
Già prima di avviare il processo di trasformazione in spa, Pop-Bari ha attirato investitori di una certa rilevanza. Penso ad Aviva, per esempio. Poi è subentrata la fase di stallo legata all’incertezza giuridica di cui abbiamo detto in precedenza. Una volta completata la trasformazione in spa, la capacità d’attrazione avrà modo di esprimersi al meglio.
Lo stallo nella vendita dei titoli da parte degli azionisti di Pop-Bari è dipeso anche o solo dall’incertezza giuridica?
Mi sembra evidente. L’incertezza ha inciso tantissimo. Per decenni è stata garantita la negoziazione dei titoli. Poi sono subentrate l’incertezza giuridica, la paura originata dal fallimento di banche male amministrate, e, infine, una serie di attacchi mediatici incredibili. La Popolare di Bari si è difesa nel solo modo che conosce: con buoni risultati e con la crescita. E tra i buoni risultati va segnalata l’aumento della raccolta: + 14% nel 2017. Una prova di fiducia da parte dei risparmiatori. Un’attestazione di solidità anche in vista del cambiamento di pelle della banca.
Perché è fermo il borsino finanziario, nato per agevolare la vendita di azioni delle banche non quotate in Borsa?
Perché l’incertezza riguarda molti settori, non solo il sistema creditizio. La gente non sa cosa fare. La questione riguarda tutte le banche. Credo che la cessione degli Npl, nonostante il paradosso di dover cedere qualcosa per arricchire qualcun altro, rilancerà il sistema creditizio, innescando un circolo virtuoso che produrrà i suoi effetti anche sulla tenuta dei titoli azionari. Non a caso ci siamo liberati e ci stiamo liberando delle sofferenze (un altro miliardo nel 1918). La cartolarizzazione degli Npl è fondamentale.
Il valore delle azioni sta a cuore ai soci.
È ovvio. Il prezzo ora lo farà il mercato. Più una banca è sana, produttiva e foriera di redditività, più il prezzo se ne giova. Popolare di Bari ha tutti i numeri e le potenzialità per raccogliere quello che semina. Purtroppo, ripeto, tutto il sistema bancario approdato sul borsino Hi-Mtf, ha risentito della paralisi giuridica di questi anni.
Teme che qualche fondo avvoltoio possa mettere gli occhi sulla sua banca? In ogni caso è vero che alcuni fondi hanno manifestato interesse per la Pop-Bari?
Gli investitori, come tutti gli uomini, si dividono in buoni e cattivi. Noi cercheremo di aiutare quegli investitori cui sta a cuore la redditività e la crescita della banca. Adesso, con la spa, si apre uno scenario nuovo, aperto anche ai fondi, che hanno sempre manifestato interesse nei nostri confronti. Ovviamente, il nostro obiettivo è tutelare la base azionaria attuale cercando di agevolare il meglio che può arrivare dal mondo della finanza. Il collocamento di 600 milioni di obbligazioni, nel luglio scorso, è stato il primo passo di avvicinamento al mercato di capitali internazionali. Siamo in dirittura d’arrivo per definire partnership distributive con primari player internazionali.
Un mercato sempre più globale. Forse per questo il governatore Visco ha parlato di vulnerabilità delle banche piccole.
Ha ragione il governatore. Indica un processo irreversibile in un mercato globale.
Sul caso Tercas è in atto un contenzioso Italia-Ue, dopo che la Commissione europea ha impedito di utilizzare il Fondo interbancario, giudicato, a Bruxelles, di natura non privatistica. È vero che avete richiesto una grossa somma come risarcimento danni?
Crediamo di aver operato nel rispetto della legge. I vertici di Pop-Bari sono stati ascoltati insieme ai rappresentanti del Mef, della Banca d’Italia. Abbiamo cercato di far valere le nostre ragioni. Deciderà la Corte di Giustizia Europea.
Dal suo osservatorio come valuta la situazione economica in Puglia e nel resto del Sud?
Non è fra le più confortanti, anche se non tutte le regioni del Sud vivono i medesimi problemi. Anche l’incertezza politica, come quella normativa, non favorisce gli investimenti e le decisioni. Noi, per dire, non avevamo paura della spa, ma dell’incertezza. E ora si sta facendo chiarezza. Il che ci consentirà di coniugare lo spirito della cooperativa con i vantaggi della società per azioni.
















