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Giorni del fuoco, a Novoli la tavola è imbandita e le signore aprono le porte delle cucine tipiche

 
Fabiana Pacella

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Fabiana Pacella

Alda De Pascalis, ostessa fatta in casa, e tutte le leccornie che fumano ai fornelli, occhio vispo, abbraccio rassicurante e profumo di fiandra e pasta e patate tutt’intorno

Venerdì 17 Gennaio 2025, 10:01

NOVOLI - I gastrofighetti le chiamano social dinner, ma a latitudini più meridiane prendono definizioni ampie un paragrafo intero. Ricche come le tavole e piene come le pance felici di chi ci si è seduto intorno. Perché a sud ci piace abbondare, in ricordi e tradizioni e parole e piatti e giri d’olio.

Così accade che a Novoli, provincia di Lecce, in occasione della festa per Sant’Antonio Abate e dell’accensione della focara - enorme pira di tralci di vite che brucia nei «giorni del fuoco» - , si aprano le porte di casa delle cuciniere di lungo corso, armate di parannanze e mestolame, circondate da figli, mariti, vicini di casa, amiche e colleghe di dispensa.

In quelle case si imbandiscono tavole, anche quelle intorno al fuoco buono, il fuoco del camino che unisce, che fa convivio e socialità lontano dai social divisivi e alienanti. Si alzano i calici verso i migliori auspici e si condivide la cena della vigilia, ripercorrendo il brusio e poi il chiasso di tempi lontani, nelle abitazioni dei novolesi, mangiando i piatti della tradizione per Sant’Antoni te lu fuecu. Che sono quelli, resistono granitici ad evoluzioni e involuzioni gastronomi che, di stelle e di stalle che siano, e non si possono cambiare. Sarebbe iattura e sconfessione. È una liturgia corale, ognuno fa ciò che può, l’amministrazione aiuta nella spesa, la cuoca arma pentole e salotto. Una danza orizzontale, pari e vera.

Freddo becco, anche quello tradizione immutata, una porticina in via Trento nel cuore della festa, una rampa e mezza di scale e si raggiunge il regno di Alda De Pascalis, ostessa fatta in casa come tutte le leccornie che fumano ai fornelli, occhio vispo, abbraccio rassicurante e profumo di fiandra e pasta e patate tutt’intorno. L’albero di Natale e gli addobbi restano, a Novoli si disfano solo dopo la festa del Santo.
È famiglia, gatto compreso che s’arrotola ruffiano ai piedi e nelle mani di chi arriva alla spicciolata a godere di una piccola grande magia sfuggita quasi alla cieca velocità della contemporaneità.

Camino che scoppietta dunque, tovaglioli ricamati, stoviglie di portata, e una piccola focara a centro tavola. Oh Alda!, s’è stampato la padrona di gasa sul grembiule, e corre nelle retrovie per gli ultimi tocchi insieme alle comari, «le aldine» che l’aiutano nell’impresa pratica.
All’ombra della pira pronta ad ardere, bruciano le pentole di terracotta, rivivono i ricordi delle putee (osterie) novolesi come quella di Pippi, Maria, Fiorni dove ci si caricava di provola piccante, pezzetti, cornule e moscato e sfila il menù con nomi a tema. Le stiddre (faville) di saluto sono scapece, crostini con acciughe e ricotta forte,alicetti in tortiera.
Le sarmente (i piccoli tralci che formano il falò) sono cozze gratinate, cicorie «concotte» ovvero cotte due volte con formaggio e pancetta di maiale, polpo a pignata e rape ‘nfucate. Segue la focara, un fuoco caloroso e calorico tra pasta patate e provola e orecchiette con cime di rape, cozze e fagioli.

La roscia (ciò che resta ad ardere misto a cenere) sa di involtini di interiora arrosto e polpette al sugo. Subbrataula è ciò che serve per sgrassare e rinfrescare, finocchio e cicoria crudi. Nei calici, con moderazione, bianco, rosato e rosso di cantine Menhir.
La batteria, quella dei fuochi d’artificio, è un gioco di alzatine di paste secche e cupeta fino all’urtimu fuecu, quel colpo forte forte che prende le sembianze di ciliegie sotto spirito sposate con cioccolato fondente, due dita di cherry fatto in casa da Luciano Guerrieri e moscato d’ordinanza.

Una prece scritta nella memoria, prima di andare...
Sant’Antoni allu desertu
Se mangiava li spaghetti
E lu tiàulu pe dispiettu
Li turcìa li furchetti
Sant’Antoni Sant’Antoni
Lu nemicu te li dimoni
Sant’Antoni nu se lagna
Cu le mane se li magna
(Sant’Antonio nel deserto mangiava gli spaghetti, ma il diavolo per dispetto gli torceva la forchetta. Sant’Antonio nemico del demonio, non si lagna ma se li mangia in un boccone).

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