BARI - Per il #25novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, La Gazzetta del Mezzogiorno ha organizzato un Forum dedicato al tema e, in special modo, al rapporto violenza di genere - lavoro, con particolare riguardo alla condizione delle lavoratrici e di chi è in cerca di occupazione nel Sud Italia e in Puglia.
Hanno partecipato il procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti; la segretaria generale della Cgil Bari, Gigia Bucci; la pediatra, neonatologa e formatrice di medici e farmacisti Zora Delbuono; Rosanna Quagliariello, dirigente Ciheam - Istituto Agronomico Mediterraneo, e il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Oscar Iarussi. A moderare l'incontro la giornalista Marisa Ingrosso.
Donne tra lavoro, casa, società ecco come spezzare la solitudine
Bucci, Delbuono, Quagliariello, Nitti ospiti del forum della Gazzetta sulle violenze (di Carmela Formicola)
Violenza sinonimo di solitudine. Di solitudini. Nei luoghi di lavoro o tra le mura di casa, nella coabitazione urbana, nelle relazioni: l’isolamento di genere è uno delle dolenti zone oscure della società. Ma di quale «violenza» parliamo? Fisica, sessuale, economica, psicologica... Parliamo di tutte quelle forme di discriminazione o di odio ancora vissute dalle donne al cui martirio l’Onu ha deciso di dedicare la Giornata mondiale del 25 novembre, nell’obiettivo di far crescere sensibilità, conoscenza e cultura.
Il dialogo Di violenza, di solitudini - ma anche di speranza - abbiamo parlato nella sede centrale della Gazzetta del Mezzogiorno nel corso di un incontro introdotto dal direttore Oscar Iarussi e moderato da Marisa Ingrosso della redazione Primo Piano, un forum che ha messo insieme voci di mondi diversi. Frammenti di storia, pezzi di vita che infine ricompongono l’unico grande affresco di un’emergenza.
Ma proviamo a capire cosa sia la solitudine . «Ci sono tanti accessi nei reparti di Pronto Soccorso di donne che ripetutamente si presentano per medicare traumi lievi o micro fratture o piccoli traumi oculari. È ovvio che il ripetersi di questi episodi accendono una spia seria sull’ambito familiare di quelle donne. È ovvio che oltre ci siano violenze domestiche». Zora Delbuono, pediatra e neonatologa, ospite del nostro forum, dà un esempio concreto di quella solitudine: la vittima dovrebbe denunciare fin dal primo episodio il proprio partner violento, viceversa ogni volta indica come causa delle proprie ferite la proverbiale «caduta» o altro tipo di incidente occasionale.
Le mancate denunce «Anche quando nel mio studio alcune madri che portano in visita i bambini, hanno il classico occhio nero o una mano fasciata, negano di essere viceversa vittime dei compagni. Con un problema nel problema - spiega Delbuono - la cosiddetta «violenza assistita».
Le ripercussioni sull’infanzia Il bambino vede la madre subire violenze, non necessariamente fisiche, e a quel punto può sviluppare due tipi di comportamento: quello machista, in cui a un uomo tutto è permesso - ed è da qui che nascono tante forme di bullismo - oppure quello dell’ansia, della paura con un inevitabile ripercussione sul rendimento scolastico ma anche con altri disturbi serie: la pipì a letto, la mancanza di appetito. In ogni caso avremo un bambino fragile. Forse anche un adulto fragile».
La terra delle martiri C’è dunque una difficoltà a intercettare la violenza laddove la vittima decida (per paura, per vergogna, per solitudine) di tacere. «È facile intuire cosa possa esserci dietro tre colpi di pistola o svariate coltellate. Quando una donna che si sveglia ogni notte alle 2 per guadagnare qualche euro ti muore nei campi, è più complesso ricostruire quanto anche quella sia una vittima di violenza». Il capo della Procura di Trani Renato Nitti non solo amplia il raggio del dibattito ad altri tipi di violenza ma con grande emozione parla di una Puglia «terra di martiri: penso a Renata Fonte, a Santa Scorese poi anche a Paola Clemente» dice Nitti. Paola Clemente com’è noto è la bracciante che il 13 luglio 2015 morì di fatica nelle campagne di Andria: la Procura di Trani arrestò poi i suoi caporali.
Il codice rosso La testimonianza del procuratore rimanda all’esperienza positiva dei centri di ascolto, della rete dei centri anti violenza e della rete di servizi minorili (ecco come si spezza la solitudine) ma anche al rischio dell’abuso di uno strumento fondamentale come il Codice Rosso, attivato anche negli Uffici giudiziari oltre che negli ospedali, quella corsia preferenziale che dà priorità ai sospetti casi di violenza. «Nel 2019 - spiega Renato Nitti - il legislatore ha indicato una strada chiara per affrontare questi casi. Purtroppo abbiamo anche verificato quanto il Codice Rosso possa essere strumentalizzato, per usufruire di quella priorità. Il che ci impone grandissima attenzione nella verifica di una denuncia. E ci fa conferma quanto questa materia sia complessa».
Il lavoro impossibile Marisa Ingrosso affida poi ai nostri ospiti un dato inquietante: la Puglia ha un primato nazionale per numero di donne che cercano inutilmente un lavoro. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla sede barese di Bankitalia, in Italia lavorano 51 donne su 100 donne, in Puglia solo 35. «È giusto partire dai dati, ci fa capire in quale società viviamo e quali sono le scelte delle aziende - risponde Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil Bari - Negli ultimi due anni la situazione è peggiorata a causa del Covid-19, quando è aumentato a dismisura il cosiddetto lavoro di cura che rimane esclusivamente appannaggio delle donne: occuparsi di figli, genitori, parenti anziani o fragili rappresenta un pezzo di vita dominante e non retribuito che si abbatte sulla donna. Ecco perché è costretta a chiedere il part time, ecco perché guadagna meno degli uomini, ed ecco perché rimane in posizione di sudditanza economica all’interno della famiglia».
Il covid: l’ultima spallata E se parliamo di solitudine Bucci descrive un significativo, dolente esempio. «Nel periodo della pandemia il sindacato ha svolto un ruolo anche di sostegno psicologico. È stato quel tempo in cui le donne in smart working si sono ritrovate a gestire il proprio lavoro ma anche i figli alle prese con la dad, e poi la gestione domestica, l’emergenza oggettiva. In questa stagione sono venute da noi donne disperate per chiedere come fare a dimettersi perché non riuscivano a fare tutto, perché erano schiacciate dal peso delle responsabilità e concludevano, rassegnate, che l’unica soluzione era rinunciare al lavoro e dedicarsi a tutto il resto. Ne abbiamo aiutate tante . ricorda Gigia Bucci - le abbiamo convinte a non dimettersi. Oggi ci ringraziano, soprattutto perché non le abbiamo fatte sentire sole».
Le difficoltà del mezzogiorno La riflessione più profonda, condivisa dai nostri ospiti, è quanto sia difficile esercitare il proprio diritto al lavoro per una donna che in particolare viva al Sud, dove non ci sono servizi alla maternità, dove la stessa maternità diventa una scelta individuale e non sociale (poi non stupiamoci dell’«inverno demografico»). E le domande di congedo parentale? Tutte femminili. Gli uomini che lo richiedono sono mosche bianche.
la metafora della terra Rosanna Quagliariello è dirigente delle Relazioni Esterne del Ciheam, Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies, che ha sede a Valenzano, in provincia di Bari. Un istituto di istruzione post laurea che si occupa dalla seconda metà del Novecento dello sviluppo dei Paesi Terzi. Potente la similitudine tra il mondo rurale di questo pezzo di mondo e certe nostre periferie. «Non c’è sviluppo e non ce ne sarà se non capiamo il ruolo fondamentale della donna per il futuro del proprio contesto sociale. In queste latitudini il mondo rurale è la più importante risorsa economica. La donna è fortemente impegnata in questo settore, ma il suo ruolo non viene riconosciuto. Parliamo di realtà - spiega Quagliariello - dove la violenza è rappresentata dal mancato riconoscimento dei diritti legali: le donne potranno lavorare intensamente e tutta la vita su quelle terre, ma sanno che non potranno mai esserne proprietarie».
Come non leggere in questo racconto alcune potenti similitudini con le braccianti pugliesi sfruttate? Rosanna Quagliariello rilancia il tema dello «stare insieme», delle «reti» che negli ultimi anni sono state imbastite anche nell’aiuto delle donne del Sud del Mondo.
Cosa fare Il direttore Iarussi batte l’accento sulla solitudine, «credo che oggi sia la parola chiave», e conduce gli ospiti su una strada propositiva: cosa si può fare? Quali sono le proposte, le buone prassi, i messaggi? Quale la speranza possibile?
Zora Delbuono ricorda l’importante istituzione dell’Osservatorio nazionale permanente sulle aggressioni alle donne impegnate nella sanità (e qui Marisa Ingrosso evoca un’altra martire di Puglia, la psichiatra Paola Labriola uccisa nel centro di salute mentale di Bari da un suo paziente).
Trasmettere consapevolezza «Non è la donna che deve difendersi, è la politica che deve difenderla attraverso leggi chiare - dice Delbuono che a proposito del «cosa fare» e dei messaggi, chiarisce quanto sia necessario «trasmettere alle adolescenti le chiavi della propria vita, e dunque la consapevolezza del sè, la conoscenza sessuale, la conoscenza dei diritti. Così come alle madri, va spiegato che non sono sole, che ci sono leggi che le proteggono».
Ci sono le leggi. Ma rimane il tema degli organici ridotti all’osso, negli ospedali come negli uffici giudiziari. «È un tema che sento molto - dice Renato Nitti - e se faccio l’esempio dei nostri distretti, purtroppo abbiamo risorse incongrue rispetto alla grandissima sofferenza del territorio. Gli organici nei Tribunali vanno tutti rafforzati, quelli del personale amministrativo ma anche della polizia giudiziaria».
L’accesso in magistratura Nitti rievoca poi l’abbaglio del padri costituenti che avevano ritenuto la donna non idonea al ruolo di magistrato, solo nel 1963 si apriranno le porte dell’accesso in magistratura. «Oggi le donne sono oltre il 50% dei magistrati italiani così come è cresciuta in questi anni la nostra sensibilità su certe materie. Oltre venti anni fa ad esempio, nei casi di vittime della tratta, era difficile comprendere come potesse esserci schiavitù nel caso di un legame sentimentale tra vittima e carnefice. Abbiamo lentamente imparato a riconoscere la violenza silenziosa, la violenza simbolica».
un lungo percorso Il tempo. Ci vuole ancora tempo. Ma le cose evidentemente arrivano. «Quando sul finire degli anni Novanta cominciai a parlare di empowerment femminile (il processo di crescita individuale basato sull’incremento dell’autostima e dell’autodeterminazione, ndr), leggevo negli occhi di alcuni colleghi un misto di sufficienza ed ironia», racconta Rosanna Quagliariello. «Era come una concessione: va bene, dai, occupati dell’empowerment. Adesso si è consolidata una cultura e in moltissimi dei progetti che noi presentiamo devono esserci obbligatoriamente elementi di empowerment femminile, pena la bocciatura del progetto e quindi la perdita dei finanziamenti. Ed ecco che all’improvviso è diventata una questione centrale. Al quale badano tutti. Ci abbiamo messo del tempo, così come per i nostri studenti: quando ho iniziato erano solo uomini, ora per metà sono donne, che devono già avere una laurea, e alcune vengono dall’area sub-sahariana, il che fa capire quanta strada è stata già fatta anche in quel famoso Terzo mondo».
La scomparsa del ministero E comunque, a rimuovere gli ostacoli sul cammino femminile, deve pensarci la politica. «I problemi si affrontano attraverso le politiche che si mettono in campo. Ecco perché - tuona Gigia Bucci - mi preoccupa l’arroganza di questo governo che accorpa il ministero delle Pari Opportunità a quello dello Sport e delle Politiche giovanili. Questo fa capire come a un problema complesso si vogliano dare risposte elementari. Questo accorpamento significa tentare di ridimensionare una questione enorme. E l’altra insidia - incalza la leader della Cgil barese - è l’autonomia differenziata che lacera drammaticamente il tema della coesione sociale. Come fa a dare messaggi di speranza se ridimensioni la società stessa? Penso anche ai nuovi modelli di città e a tutto il lavoro sulla rigenerazione urbana fatto dialogando con le amministrazioni locali. Chiedi a una donna se vuole lavorare di notte o se dopo una certa ora vuole attraversare un parco pubblico! Ti risponderà di no, a differenza di un uomo, perché è lei che vive il tema della sicurezza urbana. I turni notturni sono un altro motivo che porta le donne a rinunciare al lavoro. Se invece fai politiche ad hoc, le città saranno anche a misura di donna. Ma queste politiche le fai attraverso la partecipazione democratica. Come potresti decidere se servono più o meno asili nido in una città piuttosto che in un’altra se non ascolti i bisogni dei cittadini? E l’autonomia differenziata, che lascerà ricchi i territori ricchi e poveri i territori poveri, è come se stesse sussurandoci: rassegnatevi alla solitudine».
L’importanza dei media Non manca la chiusura di Oscar Iarussi che ha dentro un’importante riflessione: «la necessità di mediazione, la capacità di ascolto e poi di sintesi che hanno mediatori come sindacati, istituzioni, realtà professionali, cioè gli ospiti del nostro incontro. E tra i mediatori, la stampa, cioè i “media” per eccellenza. Sui social piuttosto assistiamo all’incremento delle solitudini. Bisogna allora ricordare che qualcosa accade quando i “mediatori” se ne fanno carico».