BARI - Alberto Barbera, Direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha ricevuto il premio “Bif&st Arte del Cinema”, prima della proiezione di Per un pugno di dollari di Sergio Leone al Teatro Petruzzelli, per il ciclo Rosso di sera.
Barbera è stato protagonista anche dell’Incontro di cinema di questa mattina 27 marzo, sempre al Teatro Petruzzelli, dopo la proiezione di Le mani sulla città di Francesco Rosi, che nel 1963 vinse il Leone d’Oro a Venezia. Una pellicola complessa, dalla modernità assoluta, “una specie di saggio di educazione civica”, ha esordito Barbera.
“Rosi è stato un grandissimo regista, sociologo in qualche modo, le sue inchieste sono modelli di ricerca e approfondimento della realtà incredibili. Con lui è nato il cinema politico, caratterizzato da una forza di rappresentazione unica. Nessuno dei suoi film è invecchiato” - ha spiegato il direttore -. Il cinema italiano degli anni Sessanta, infatti, è stato il secondo cinema al mondo (dopo quello americano) in termini di penetrazione e successo internazionale. Tuttavia, non è mai stato un flusso costante di qualità e successo, procedendo a vicende alterne. Rispetto al cinema di oggi Barbera ha spiegato che vi sono elementi che fanno sperare per un buon futuro del nostro cinema, citando registi come Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, e la nuova leva di produttori che stanno favorendo una rapida ripresa della produzione nazionale.
Un passaggio poi sul ruolo di direttore di festival cinematografici. “Il lavoro di selezione di film per un festival è anch’esso un gesto critico. Suggerisco di guardare di tutto, lasciarsi andare alla curiosità. Io ad esempio avevo pregiudizi sul western, e poi è diventato il mio genere preferito”. Commentando invece la svolta digitale dell’audiovisivo e il ruolo dei social network, il critico e direttore si mostra positivo, in quanto ha permesso a tanti autori di emergere e dar voce al proprio punto di vista; inoltre, ha fatto aumentare la produzione in modo esponenziale. Esempio ne è la stessa produzione seriale, forma narrativa che nella sua coesistenza con il cinema ha dato luogo a un continuo scambio
prolifico.
Ha concluso: “La passione si autoalimenta; ritorna l’emozione di vedere un film che coinvolga sia con la testa sia con lo stomaco. Quando ci si innamora di qualcosa è difficile che l’amore venga meno”.