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L'attore Scamarcio: «La paura è un male eterno»

 
Maria Grazia Rongo (Foto-video di Fasano)

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Maria Grazia Rongo (Foto-video di Fasano)

Protagonista al Bif&st: la proiezione del film «L'ombra del giorno» di cui è protagonista e produttore con Benedetta Porcaroli. In serata riceverà il Platinum Award

Giovedì 31 Marzo 2022, 12:32

21:35

BARI - C’è una guerra che sta arrivando, che si respira, si legge sui volti e negli occhi di chi vediamo muoversi sul grande schermo. Non è la guerra che sta attanagliando l’Europa nei nostri giorni, ma è una guerra di tanti anni fa, del secolo scorso, la seconda guerra mondiale, che Giuseppe Piccioni racconta nel film L’ombra del giorno, produzione Lebowski (di Riccardo Scamarcio) con Rai Cinema, interpretato da Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli. L’attore pugliese, originario di Andria (e da qualche anno ha eletto il suo buen retiro a Polignano), oggi sarà protagonista assoluto del «Bif&st – Bari International Film e Fiction». Stamattina alle 11, insieme al regista e all’attrice, incontrerà il pubblico nel Teatro Petruzzelli subito dopo la proiezione di L’ombra del giorno. In serata riceverà il Bif&st Platinum Award per l’Eccellenza Cinematografica nel Teatro Petruzzelli alle 21.

Nel film di Piccioni (che tra l’altro è stato girato in pieno lockdown con la zona rossa a causa della seconda ondata dell’emergenza covid), ambientato nel 1938 durante il periodo del fascismo, ad Ascoli Piceno (città natale del regista), Scamarcio è Luciano, un ex veterano, proprietario di un ristorante in Piazza del Popolo, dove un giorno arriva Anna (Benedetta Porcaroli) in cerca di lavoro e che porta con sé un segreto. Tra i due nascerà una storia d’amore. Il set del film è stato galeotto per i due attori, perché proprio lì è scoccata la scintilla che ora li vede insieme nella vita. Riccardo Scamarcio racconta alla Gazzetta il film che lo vede protagonista.
Questo film racconta un periodo tragico della storia italiana, l’avvento delle leggi razziali, ci si preparava alla seconda guerra mondiale. Un tema, quello della guerra, purtroppo tanto attuale in questi giorni…
«Il film fa una ricostruzione precisa, pur se in un contesto microscopico, una piccola città di provincia come Ascoli. Attraverso le vetrate del ristorante di Luciano nella piazza c’è però lo sguardo sul mondo, su quello che stava accadendo. Il film è stato scritto diversi anni fa ma gli autori hanno respirato quell’escalation che da anni, forse dal crollo delle Torri gemelle, o forse anche da prima, ci ha portato a quello che sta succedendo in queste ore tra Russia e Ucraina. Il punto di contatto, l’analogia con il presente è data proprio dal sentimento della paura. Il contesto è diverso, gli abiti sono diversi, c’erano le lire e non l’euro, ci si faceva il nodo alla cravatta in un altro modo, ma la paura è la stessa, in ogni tempo e in ogni luogo».

Questo è un ruolo diverso per lei. Sia per l’ambientazione storica appunto, che per il tipo di personaggio che interpreta.
«Sì, mi è capitato di interpretare personaggi di altre epoche, ma Luciano è diverso. Sono riuscito ad entrarci dentro alla perfezione grazie a come è stato tratteggiato in maniera esemplare dai tre sceneggiatori del film, Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella e Annick Emdin. Luciano è un uomo che ha già combattuto una guerra, è un reduce della prima guerra mondiale, ha ammazzato, e durante la battaglia ha perso una gamba, quindi è tornato rotto. Ecco, Luciano è un personaggio rotto che in qualche modo deve ricomporsi. Ha messo su il ristorante che è tutto il suo mondo, un mondo che verrà sconvolto dall’arrivo di Anna. È un fascista che non è un fascista, dice qualcuno. E a un certo punto si trova a seguire la sua saggezza, una saggezza che insita nell’umanità italiana».

Questa è infatti anche una storia d’amore. Quanto è importante che il cinema racconti l’amore oggi?
«Credo che l’amore al cinema sia fondamentale, non solo l’amore rosa, ma nel senso più ampio del termine, l’amore umano. Se ci pensa, è il tema di tutti i film che ci piacciono davvero, quelli che ricordiamo, quelli che amiamo rivedere ogni tanto. Nel film l’amore c’è, e Piccioni è straordinario nel renderlo, in tutta la sua delicatezza. Anna porta una rivoluzione nella vita di Luciano ed è anche la rivoluzione dell’amore. Stimo in maniera assoluta il regista di questo film. Questo è infatti un film che perdona i suoi personaggi, che li assolve anche per i loro difetti, che racconta le contraddizioni, i paradossi. Il cinema italiano ha dimenticato questo, esiste solo il bianco e il nero. Con l’inasprirsi della distanza tra le classi e la scomparsa della classe è come se anche nel cinema fossero scomparsi i chiaroscuri, ci sono solo i buoni e i cattivi, personaggi che o sono solo eroi o sono merde totali. Invece Fellini, Scola, Risi, Petri avevano proprio la peculiarità di declinare i chiaroscuri, e assolvevano i loro personaggi rendendoli umani. In questo modo insegnavano anche al pubblico ad assolversi, e generavano empatia».

Lei è anche produttore del film. Perché ha scelto di produrlo?
«L’ho prodotto perché il produttore iniziale era venuto meno e il film s’era quindi bloccato e rischiava di non vedere la luce e siccome si tratta di un film che ho molto a cuore mi sono assunto la responsabilità di farlo io, visto che da anni ho una casa di produzione e ho già prodotto diversi lavori».

Oggi è la sua giornata al Bif&st: il film, l’incontro con il pubblico, il premio per la sua carriera. Tornare in Puglia cosa significa per lei?
«Tornare in Puglia significa tornare a casa. Tutta la Puglia è casa per me. Ce l’ho sempre nel cuore».

A cosa sta lavorando? Cosa vedremo a breve?
«Sto lavorando al mio prossimo film da interprete e produttore, il titolo è To win ed è una produzione internazionale, una bella storia che racconta il campionato inglese di rally del 1983 con la sfida tra la Lancia e l’Audi 4».

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