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Calza della Befana, c’è anche chi preferisce i regali «salati»

 
Barbara Politi

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Barbara Politi

Calza della Befana, c’è anche chi preferisce i regali «salati»

Foto Cookist

Sabato 04 Gennaio 2025, 20:10

Cioccolatini, caramelle, confetti e leccornie di ogni tipo sono all’apice dei desideri nutriti dai più piccoli per la calza che arriverà nelle case degli italiani per la Befana. Prelibatezze dolciarie che, in qualche caso, saranno accompagnate anche da un po’ di carbone (quando meritato).

L’aumento dei costi delle materie prime rispetto allo scorso anno (+9 per cento), così come evidenziato dall’Osservatorio nazionale Federconsumatori, non ha però frenato la voglia di dolcezza di adulti e bambini. Quanto agli adulti, novità tutta meridionale, è quella di preparare calze che di dolce hanno ben poco.

La moda già negli anni passati aveva fatto capolino, ma in queste festività natalizie ha registrato i numeri più importanti. Stiamo parlando della cosiddetta “calza salata” o “calza tipica”, nella quale la nonnina sulla scopa col cappello alla romana e le scarpe rotte ha messo taralli, caciocavalli, olio Evo, salumi, pasta, pettole, frutta secca e pochi dolci. Complice l’exploit della gastronomia pugliese in Italia e nel mondo, il trend è popolare, soprattutto per quei pugliesi che hanno preparato le calze per familiari e amici di altre regioni, ma anche per gli stessi conterranei. Spazio così a taralli pugliesi, croccanti e aromatizzati al vino, al finocchio, alla pizzaiola o al pepe, alle frise, al caciocavallo tipico, all’olio, al capocollo, alle orecchiette, alle pittule e alla frutta secca. Un’idea che può sembrare innovativa e singolare, ma che invece affonda le radici nel passato quando le massaie erano solite riempire le calze dei consorti di patate, legumi come fagioli, lenticchie e ceci, di cipolla e aglio, ma anche di mele, pere e pane. Non mancavano, inoltre, oggetti utili come aghi, utensili da cucina, simboli di praticità e di lavoro domestico. Questi usi riflettevano un’epoca in cui le risorse erano limitate. Oggi, al contrario, la volontà è quella di promuovere un rinnovato valore dei prodotti tipici, soprattutto fuori dai confini regionali, lì dove la gastronomia pugliese e meridionale è considerata un vero e proprio biglietto da visita del territorio.

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