Tour del gusto

Tutele al fagiolo della «signora»

Redazione online

L’Arca del Gusto di Slow Food imbarca il legume coltivato nella zona di Pulsano

Il fagiolo della «signora» di Pulsano entra nell'Arca del Gusto della Fondazione Slow Food. «I prodotti dell’Arca del Gusto – dichiara Franco Peluso, presidente Slow Food Grottaglie Vigne e Ceramiche – sono presenti in 151 Nazioni, con presenze in tutte regioni italiane, che sono stati rintracciati e descritti grazie all’impegno della rete che Slow Food ha sviluppato in tutto il mondo con l’obiettivo di conservarli e diffonderne la conoscenza. Il Fagiolo della Signora è frutto del lavoro sinergico portato avanti grazie alla collaborazione dei produttori e, in particolare, di Francesco Vergallo che si è fatto promotore dell’iniziativa accolta con entusiasmo e portata avanti per circa due anni di lavoro, ricerche, documentazione e sperimentazione. La segnalazione è stata curata da Felice Suma, della Task Force Presìdi di Slow Food Puglia».

Il fagiolo della signora di Pulsano (Phaseolus vulgaris) è una varietà tradizionale coltivata da oltre 150 anni lungo la fascia costiera ionica nella zona orientale di Taranto, specificatamente nel territorio del comune di Pulsano. È pianta annuale a rapido sviluppo con apparato radicale molto ramificato e piuttosto superficiale, di altezza media di 50 cm. Il colore è bianco sporco, caratterizzato nella zona ileale da una sottile macchia rosso carminio che richiama delle labbra tinte di rossetto; da qui pare derivi il nome dialettale di Lu Pasulu ti la SIgnura o Tintu. Il prodotto è uno degli alimenti principali della dieta locale e viene conservato secco e consumato tutto l’anno.

Tradizionalmente, il fagiolo della signora era cotto lentamente nella pignata, la tipica pentola di terracotta posizionata nel camino in prossimità della fiamma o sui carboni ardenti. La sera prima della cottura, i fagioli erano setacciati e puliti dalle impurità strofinandoli con acqua e sale, quindi si lasciavano a bagno per tutta la notte. La mattina successiva, i fagioli erano nuovamente risciacquati e messi a bollire in pentola con abbondante acqua. Una volta eliminata l’eventuale schiuma superficiale, si aggiungeva una cipolla rossa o gialla, il sedano, i pomodori, una foglia di salvia e, a fine cottura, un rametto di rosmarino. Il tutto era lasciato cuocere lentamente per almeno un’ora e salato poco prima del termine della cottura. Il piatto era poi servito in forma di crema calda e condito con olio extravergine di oliva a crudo. La coltivazione di questo fagiolo è caratterizzata da due fasi principali: la prima consiste in una piccola semina effettuata a inizio primavera (con raccolto a fine luglio) da cui si ottengono i semi necessari per la semina vera e propria di inizio agosto (con raccolto a ottobre). Prima di entrambe le semine, il terreno è arato ad una profondità di circa 30-35 cm. Questo metodo di coltivazione tradizionale, che in passato garantiva un approvvigionamento sicuro per lunghi periodi, è praticato ancora oggi.

La coltivazione era affidata agli uomini, mentre la raccolta era svolta con l’aiuto delle donne; i bambini, infine, si occupavano della pulizia dei frutti. I fagioli erano poi fatti essiccare sui “cannizzi”, stuoie tradizionali utilizzate per l’essicazione degli alimenti.

Attualmente, il fagiolo della signora è custodito e coltivato solo da una ventina di anziani contadini pulsanesi ed è disponibile in quantità molto limitate (da aprile a luglio è praticamente introvabile). Il rischio di perdere definitivamente questo prodotto è ormai elevato, sia per il ridotto numero di coltivatori che per la minaccia del “ragnetto rosso” che attacca la pianta del fagiolo.

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