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Inchiesta «Kairos», prestiti usurai con un tasso fino al 300 per cento

 
Alessandra Cannetiello

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Alessandra Cannetiello

Inchiesta «Kairos», prestiti usurai con un tasso fino al 300 per cento

I traffici delle famiglie Scarcia-Scarci e gli affari tra Taranto e Potenza

Giovedì 31 Luglio 2025, 10:23

«Agosto non lo stai pagando e sono tre mesi…tu mi devi fare 6mila euro al mese per dieci mesi…60mila euro mi devi dare…punto!...questa è la matematica». Emergono anche i prestiti usurai con un tasso fino al 300 per cento dalle carte dell’inchiesta «Kairos» dell’Antimafia di Potenza che vede 33 persone indagate. Una costola del primo filone «Mare Nostro» sui traffici delle due famiglie Scarcia-Scarci e i loro affari tra Taranto e Potenza. Ignaro di essere intercettato dagli inquirenti, a parlare - secondo i sostituti distrettuali Marco Marano, Sarah Masecchia e Angela Continisio che hanno coordinato le indagini – è uno dei sodali del clan capeggiato, nel ramo lucano, da Salvatore Scarcia, mentre chiede a un imprenditore in difficoltà economiche di versare 60mila euro a fronte di un prestito iniziale di 20mila euro.

Da un commerciante che aveva ottenuto 4mila euro nell’aprile del 2017 con il 200 per cento di interessi era stata pretesa la restituzione di oltre 10mila euro nel giugno dello stesso anno: denaro che l’esercente aveva dovuto ripagare in pochi mesi perché costretto a consegnare ai sodali del gruppo la propria automobile fino al saldo del debito.

Non solo usura, ma anche estorsione, tentata e consumata, porto e detenzione di armi illegali, ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio, furti di veicoli - a privati e imprenditori tra Basilicata e Puglia - che venivano riconsegnati ai legittimi proprietari solo dietro il pagamento di un riscatto in denaro. Ma anche truffe assicurative e un tentato assalto allo sportello Atm di un istituto bancario di Nova Siri, nel Materano. Assalto che, come si legge nelle carte dell’inchiesta, era stato pianificato da cinque delle persone indagate. Un vero e proprio piano di azione con sopralluoghi lungo le strade di accesso e le possibili via di fuga tracciate con vernice rossa per contrassegnare le arterie da seguire e raggiungere i posti individuati per «nascondere i veicoli utilizzati, la refurtiva trafugata». Furto mai realizzato perché alcuni degli indagati avrebbero rinunciato alcuni giorni prima di mettere in atto il colpo dopo aver letto alcune notizie sulla stampa di una più ampia indagine nei loro conforti.

Un elenco sterminato di accuse quelle contestate agli indagati - alcuni difesi, tra gli altri dagli avvocati Fabio Cervellera, Marcello Ferramosca, Andrea e Salvatore Maggio. Secondo gli investigatori gli affiliati del clan si spendevano, inoltre, con danneggiamenti e atti intimidatori per costringere ad accettare la “protezione” in cambio di tangenti, obbligando gli imprenditori del posto ad assumere persone interne all’organizzazione.

Dalla maxi inchiesta «Mare Nostro» - condotta dal pool di magistrati composto anche dal procuratore distrettuale di Potenza Francesco Curcio, dal sostituto della Dda di Potenza Anna Gloria Piccininni e dai sostituti distrettuali Angela Continisio, Milto De Nozza Marco Marano, Sarah Masecchia - culminata mesi fa in 21 arresti, era emerso che le compagini tarantino-lucane guidate rispettivamente da Andrea Scarci e Salvatore Scarcia avevano operato sotto le mentite spoglie della «Nereide», cooperativa virtuosa di pescatori, esercitando non solo la signoria sul mare, ma anche allungando le mani su numerose attività economiche del territorio e imponendo il proprio «blasone criminale». Per questa prima inchiesta sono attualmente 19 le persone che stanno affrontando un processo e 59 in totale quelle a cui è stato notificato, alcune settimane fa, l’avviso di conclusioni delle indagini da parte della magistratura.

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