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Finti braccianti nei campi in 41 a processo per truffa, 21 gli imputati tarantini

 
ALESSANDRA CANNETIELLO

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ALESSANDRA CANNETIELLO

Finti braccianti nei campi in 41 a processo per truffa, 21 gli imputati tarantini

L’accusa nei loro confronti è di truffa all’Inps: attraverso finte assunzioni di braccianti ottenevano la documentazione per incassare indennità di disoccupazione o permessi di soggiorno

Mercoledì 28 Maggio 2025, 14:33

14:34

Finiscono a processo 41 persone e tra queste 21 tarantini, accusati di aver preso parte ai raggiri ai danni dell’Inps: attraverso finte assunzioni di braccianti italiani ed extracomunitari, ottenute dietro il pagamento di denaro, i lavoratori, secondo l’accusa, erano riusciti a ottenere la documentazione necessaria per incassare dall’ente previdenziale indennità di disoccupazione o permessi di soggiorno. A deciderlo è stato il giudice Pompeo Carriere, nella giornata di ieri: a ottobre, gli imputati dovranno comparire dinanzi al collegio di magistrati assieme ai propri difensori, tra cui gli avvocati Rosario Frascella, Daniela Lafratta, Enrico Leggieri, Adriano Minetola, Armando Pasanisi e Claudio Petrone.

La presunta associazione a delinquere, emersa dall’inchiesta della guardia di finanza di Taranto, coordinata all’epoca dal pubblico ministero Maria Grazia Anastasia, aveva operato attraverso l’azienda agricola «Agricoltura e progresso sas» di Fragagnano.

A capo di questa organizzazione, secondo la procura ionica, c’era Gaetano Benedetto, 80enne tarantino e Catia Maria Massaro, 59enne di Fragagnano. Insieme a loro, anche Idris Diarra, 51enne malese rappresentante legale dell’azienda agricola, Souleymane Mendu, 41enne della Costa d’Avorio e Antonia Maria Summa, 59enne di Maruggio. Ai cinque viene contestato, appunto, il reato di falso, truffa aggravata e di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Per gli inquirenti, in qualità di amministratore di fatto dell’impresa costituita nel 2011, Benedetto si era occupato di sottoscrivere i contratti di lavoro assieme a Diarra, per i finti braccianti, tenendo i contatti con loro e consegnando personalmente i documenti necessari.

A predisporre le buste paga e altre dichiarazioni utili ai lavoratori, le due tarantine: in particolare, la Massaro avrebbe inoltrato le pratiche a Inps, mentre la Summa si sarebbe occupata di preparare le richieste utili all’ottenimento dei lasciapassare per i cittadini stranieri.

Il gruppo, secondo l’accusa, era riuscito a percepire indebitamente 93mila euro per le prestazioni richieste dei finti dipendenti tra il 2013 e il 2018: assegni di maternità, disoccupazione agricola e indennizzi per la malattia.

In cambio di questi contratti gli imputati italiani pagavano una somma di denaro variabile, a seconda del numero di giornate lavorative dichiarate e quindi dell’indennizzo intascato illegalmente. Con le stesse modalità, secondo gli inquirenti, l’organizzazione era riuscita inoltre a far ottenere ai cittadini stranieri il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno.

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