TARANTO - È finito in manette il 22enne Antonio Giannetti, che ieri è stato raggiunto dai carabinieri di Taranto con l’accusa di essere l’autore della sparatoria avvenuta il 22 luglio scorso dove era rimasto ferito il 25enne Bruno Ierardi nonostante l’obiettivo fosse un suo amico. A firmare l’ordinanza in carcere è stato il gip Francesco Maccagnano, su richiesta del pm Marzia Castiglia. Difeso dall’avvocato Andrea Maggio, il 22enne è accusato oltre che di tentato omicidio anche di detenzione illegale in pubblico di arma da fuoco.
La sera dell’agguato il 25enne era stato portato all’ospedale Santissima Annunziata dal coetaneo vero bersaglio di Giannetti e da un suo amico. Sentito dai carabinieri Ierardi aveva riferito di essersi trovato da solo e di non sapere chi lo avesse sparato. Versione poi smentita dai due amici che messi alle strette avevano infine confermato di essersi trovati con lui al momento della sparatoria, ma senza indicare l’autore.
Le indagini del Nucleo Investigativo dei carabinieri si sono quindi concentrate su amici e familiari del ferito e attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali i militari sono riusciti a inquadrare i vari collegamenti per risalire al possibile autore, individuato in Giannetti.
Secondo quanto emerso, il 25enne si trovava fuori dall’auto di Ingrosso quando era stato colpito da due proiettili, facendo involontariamente da scudo a Ingrosso, vittima designata di quei colpi. Era stato infatti lo stesso Ierardi, ignaro delle microspie presenti nella stanza, a fornire tutti i dettagli di quell’azione e il possibile autore a un amico in visita in ospedale.
A dare impulso all’inchiesta anche le conversazioni tra la madre e il padre detenuto di Giannetti che preoccupati per l’imprudenza del figlio che non stesse mantenendo un profilo basso, avevano pian piano svelato il reale bersaglio di quei proiettili in Ingrosso. Quest’ultimo è infatti il fratello della ragazza legata sentimentalmente a Giannetti. La famiglia della fidanzata non approvava la relazione tra i due e per questo ne erano nate delle tensioni. Ascoltato dagli investigatori, Ingrosso aveva però negato di conoscere l’attentatore fingendo di non sapere chi fosse persino nelle foto mostrate dai militari. Dalle celle telefoniche era emerso tuttavia che i due giovani si fossero trovati nello stesso locale notturno la sera prima di quella sparatoria dove c’era stato un acceso confronto.
Una vendetta insomma, quella che si sarebbe consumata per un “affronto” subito al sera prima in discoteca.
Per il pm Castiglia, Giannetti aveva il chiaro intento di uccidere nonostante la «vicinanza della vittima designata ad altri due soggetti»: il fatto di aver poi esploso due colpi, per il magistrato inquirente «è un elemento chiaro e univoco che l’azione da lui avviata avrebbe potuto coinvolgere anche persone diverse dalla vittima da lui designata, cosa poi effettivamente accaduta».
Conclusione condivisa anche dal giudice Maccagnano, per il quale non si è trattato di un’azione d’impeto, ma di una pianificazione: Giannetti ha pensato a come agire, ha preso l’arma e infine si è messo alla ricerca «del suo rivale» di cui voleva «indifferentemente tanto la morte che il ferimento».