TARANTO - Ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato il professore leccese accusato di violenza sessuale su una sua studentessa tarantina, minorenne all'epoca dei fatti e affetta da disabilità psichica. Al termine dell'inchiesta condotta dagli investigatori della Squadra Mobile, diretti dal vicequestore Luigi Vessio e coordinati dal sostituto procuratore Marzia Castiglia, il magistrato inquirente ha chiesto il processo per il docente che ha invece optato per il rito alternativo che prevede, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena.
L’inchiesta ha preso il via dalla denuncia presentata dalla dirigente scolastica e da una professoressa: raccolte le confidenze della ragazza, le due insegnanti di una scuola della provincia di Taranto, hanno deciso di rivolgersi all’autorità giudiziaria. In quei mesi, le indagini si sono concentrate sull’acquisizione di elementi che dimostrassero come la relazione tra i due fosse in realtà sbilanciata per via dell’inesperienza della studentessa, per la natura stessa del rapporto studente-docente, per la condizione di disabilità psichica della ragazza (diagnosticata in epoca successiva agli avvenimenti) e per l’insistenza che il 50enne avrebbe esercitato sull’allieva.
L'uomo finì agli arresti domiciliari a giugno dello scorso anno: nelle 14 pagine depositate dal gip Francesco Maccagnano era scritto che l’elemento della «persuasione» e della «manipolazione» tornavano in modo insistente. L’ex fidanzato della vittima avrebbe poi raccontato di una confessione fatta dalla ragazza: «Lei disse che non voleva avere rapporti con lui, il professore era stato capace di raggirarla sino a farla innamorare». Il gip Maccagnano aveva aggiunto che l’uomo avrebbe indotto la ragazza «ad intrattenere con lui rapporti sessuali mediante un’opera di precoce sessualizzazione» facendo leva «sulla fragilità della giovane ed abusando del limitato processo evolutivo e culturale di questa». Non solo. Il giudice aveva confermato che il docente aveva esercitato «coercizione fisica e morale»: aggressioni fisiche (morsi e schiaffi) per costringere la vittima ad avere rapporti e pressioni psicologiche che avrebbero generato uno stress emotivo fortissimo che al punto da causare tachicardia e recarsi a ottobre 2022 al pronto soccorso: proprio in quella data, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto il primo tentativo del docente di entrare in intimità con la minore.
L'uomo deve difendersi anche dall'accusa di pedopornografia poiché oltre agli abusi, la ragazzina sarebbe stata costretta a inviargli foto che la ritraevano senza veli.
Nel suo interrogatorio di garanzia, il 50enne salentino aveva negato le accuse e sostenuto che il rapporto intrattenuto con la minore, che all’epoca dei fatti contestati aveva 16 anni, fosse sereno, di natura consensuale, negando ogni tipo di violenza fisica o psicologica nei confronti della sua allieva, né di sapere in alcun modo che la ragazza avesse problemi di natura psichica. Dichiarazioni alle quali aveva fatto seguito un'istanza di revoca dei domiciliari che all'epoca il gip aveva tuttavia rigettato definendo «sottile, continuativa e subdola» l'attività di «persuasione e pressione, strumentalizzando la limitata esperienza, il senso di disagio e la vulnerabilità della vittima».
Ora nel processo con rito abbreviato la difesa avrà la possibilità di mettere nuovamente in luce gli elementi per dimostrare l'estraneità dell'uomo alle accuse: sarà infine il giudice Alessandra Rita Romano a dover emettere la sentenza e stabilire l'eventuale colpevolezza o innocenza dell'imputato.