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Taranto, associazioni scrivono a Urso contro riapertura Afo1 ex Ilva. Spunta manifesto: «Bruci la città»

 
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Taranto, associazioni scrivono a Urso contro riapertura Afo1 ex Ilva. Spunta manifesto: «Bruci la città»

«Probabilmente, lei schiaccerà un tasto, un interruttore o qualcosa del genere. Sarà un atto simbolico, naturalmente, del quale andrà fiero. Quel tasto, quell'interruttore non avvierà un altoforno, ma innescherà una nuova bomba di elevato potenziale inquinante»

Sabato 12 Ottobre 2024, 10:55

TARANTO - «Probabilmente, lei schiaccerà un tasto, un interruttore o qualcosa del genere. Sarà un atto simbolico, naturalmente, del quale andrà fiero. Quel tasto, quell'interruttore non avvierà un altoforno, ma innescherà una nuova bomba di elevato potenziale inquinante, i cui venefici risultati ricadranno su centinaia di migliaia di esseri umani - bambini, donne uomini -, minandone ulteriormente la salute». Lo scrivono cittadini, associazioni e comitati di Taranto in una lettera aperta al ministro delle imprese e made in Italy Adolfo Urso che martedì 15 ottobre sarà a Taranto per la ripartenza dell’Altoforno 1 dello stabilimento Acciaierie d’Italia, fermo da agosto 2023. Gli attivisti hanno fatto affiggere un grande manifesto in viale Magna Grecia, a Taranto, con la scritta «Bruci la città, riavvio di Afo 1, progetto rigassificatore, ricche fuffe e cotillon» e una dedica a Massimo Battista, ex operaio Ilva e consigliere comunale che denunciò l'inquinamento, stroncato nei giorni scorsi da un tumore.

«Pochi giorni fa - aggiungono cittadini e associazioni rivolgendosi al ministro - lei ha anche annunciato che il presunto «piano industriale e ambientale» verrà presentato nel 2025. Il che vuol dire, tra le altre cose, che quello con cui lei sta sponsorizzando ora la ripartenza del siderurgico, sia lo stesso piano che é stato bocciato in precedenza perché fuori dagli standard ambientali».
«Lei - attaccano ancora gli attivisti - sorriderà, stringerà mani di personalità istituzionali e non, forse brinderà a un successo che il suo governo ha così prepotentemente voluto. Fino a che punto si possono spremere i lavoratori e gli operai per il profitto? Fino a che punto può negare le evidenze medico-scientifiche? Fino a che punto può chiudere gli occhi davanti a ben 5 condanne dello Stato italiano da parte della Cedu per non aver tutelato la vita dei cittadini di Taranto e di tutti i lavoratori? È tutto questo - concludono - per niente. Perché sappiamo bene che quella fabbrica non ha futuro e che non può essere salvata».

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