TARANTO - «Ancora un anno negativo per il porto di Taranto, che, come risaputo, si avvia inesorabilmente a registrare il “minimo storico” nella movimentazione delle merci; a giugno 2024 si è toccato il punto più basso con un calo generale del 40,3 per cento rispetto a giugno 2023».
È quanto denunciano in una nota congiunta Confesercenti Taranto, Casaimpresa, Confimprese, l'Unsic (Unione nazionale sindacale imprenditori e coltivatori) e l'Upalap (unione micro, piccole e medie imprese pugliesi). Snocciolando e cifre spiegano che il traffico dei prodotti petroliferi potrebbe tornare a crescere sensibilmente con la conclusione ormai imminente dei lavori al prolungamento del pontile petroli previsto dal progetto Tempa Rossa, ma intanto c'è il netto calo delle Rinfuse Solide (-44,4 per cento), a causa della profonda crisi del centro siderurgico ex Ilva in amministrazione straordinaria e aggiungo che «il 2024 segnerà il record storico negativo della produzione annua di acciaio». Le organizzazioni di categoria evidenziano anche il dimezzamento degli sbarchi (-49,9 per cento) e gli imbarchi (-20,5 per cento) riportano segnali negativi così come per il totale delle merci varie (-54,5%). Infine anche il totale tra navi partite e arrivate è diminuito del 28,2 percento.
Nella nota viene inoltre descritto il «mondo dei container» che cala addirrittura oltre il 90 per cento (con l'eccezione di +129,7 per cento di maggio): «in ogni caso – scrivono - si tratta di percentuali su numeri minimali sia di Teu (metri cubi di movimentazione) che di tonnellate movimentate: nel 2023 il porto ha movimentato 178mila tonnellate di merci containerizzate a fronte dei 4.4 milioni movimentati nel 2011.
Allora per il bene del porto di Taranto, che ormai da lungo tempo vive in una crisi involutiva, si evitino voli pindarici e illusori: i problemi esistenti non sono pochi e prevedono soluzioni non facili che andranno affrontate con professionalità e concretezza».
Le organizzazioni nel documento si rivolgono quindi al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti a cui «spetta valutare e mettere in atto un percorso basato su una lettura critica e realistica dei motivi e delle cause, emerse di recente in tutta la loro gravità»: un dito puntato contro l'auttuale presidente dell'Autorità Portuale Sergio Prete a cui viene contestata la responsabilità della mancata realizzazione della vasca di contenimento dei materiali di escavo che ha impedito i dragaggi dei fondali del molo polisettoriale «sulla cui realizzazione – si legge ancora - si erano nutrite molte aspettative per lo sviluppo delle attività portuali andate tutte disattese. Dragaggi essenziali per la sopravvivenza dell’hub di transhipment sin dalla sottoscrizione dei protocolli di intesa del 2009 e del 2012 che, affidati alla gestione dell’Autorità Portuale nel ruolo anche di Commissario Straordinario alle opere, prevedevano entro il 2015 la realizzazione. Ormai si è preso atto che la banchina del molo polisettoriale, pur essendo stata riqualificata nel 2017, almeno per i prossimi anni non potrà disporre dei fondali a -16,5 metri necessari per operare su navi portacontainers di ultima generazione».
Anche Ylport che gestisce il Container Terminal finisce sotto accusa per aver movimento tra il 2020 al 2023 circa 675mila tonnellate di merci ritenuto un risultato «ben lontano dalle promesse» e «su cui il gruppo turco si era impegnato. Diventa allora irrinunciabile - proseguono Confesercenti, Casaimpresa, Confimprese, Unsic e Upalap - capire se questa concessione debba essere portata avanti o no, e, se si, a quali condizioni».
Insomma per le associazioni urgono cambiamenti «per superare l’attuale stato di incertezza sul futuro del porto e dell’economia di Taranto».