Il caso

Tentato omicidio a Paolo VI, Ciaccia resterà in carcere

Francesco Casula

Il Riesame ha respinto il ricorso del collegio difensivo

TARANTO - Resta in carcere Vincenzo Ciaccia, 42enne tarantino arrestato con l’accusa di tentato omicidio per l’agguato avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2023 in via XXV aprile al quartiere Paolo VI in cui rimase ferito Salvatore Albano. Il tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Patrizia Todisco, ha confermato la misura cautelare e le accuse mosse dal pubblico ministero Francesco Sansobrino che il 17 maggio scorso ha ottenuto dal gip Rita Romano un'ordinanza di custodia cautelare che ha portato in cella il 42enne.

A incastrare Ciaccia, secondo l’accusa, ci sarebbero una serie di elementi tra i quali numerosi contatti telefonici con alcuni parenti di Albano nelle ore immediatamente successive all’agguato, ma soprattutto determinanti sarebbero state le intercettazioni raccolte in carcere tra un detenuto, Rino Solfrizzi e i suoi parenti. Quest’ultimo era finito in carcere perché ritenuto il custode delle armi della mala: in particolare una delle pistole trovate dalla Squadra Mobile in un locale di via Icco ha permesso di chiudere il cerchio sulla vicenda. Si tratta di una pistola semiautomatica Beretta modello 84Fs rubata nel comando della Polizia Locale di Triggiano e, dalle verifiche effettuate dai poliziotti guidati all’epoca dal vice questore Cosimo Romano, sarebbe stata proprio quella utilizzata sia nel tentato omicidio di Salvatore Albano nella notte tra l'8 e il 9 maggio dello scorso anno a Paolo VI sia nel far west che il 1 febbraio 2022 seminò il panico nello stesso quartiere quando, in poche ore, si susseguirono tre sparatorie e un conflitto a fuoco.

Il 13 maggio 2023 i poliziotti entrarono nel locale utilizzato esclusivamente dal 53enne e arrestarono Solfrizzi: le ricostruzione dei rapporti di Solfrizzi con Ciaccia ha perso di stabilire che vi fosse un solido rapporto di amicizia tra i due. Una volta in carcere, però, Solfrizzi avrebbe cominciato a raccontare ai parenti dettagli di quell’improvviso blitz dei poliziotti. Tra i sospetti di una «infamità» e lo sfogo per la detenzione, ha confidato elementi che hanno permesso ai familiari di risalire all’identità del vero proprietario dell’arma e quindi anche dell’autore dell’agguato ad Albano. Un unico colpo sparato frontalmente a distanza ravvicinata per punire uno sgarro maturato probabilmente per futili contrasti nel mondo degli stupefacenti. Una sorta di avvertimento per Albano che aveva già alle spalle diversi anni di carcere per reati connessi allo spaccio di droga. La notte del 9 maggio 2023 Albano Salvatore arrivò all'ospedale Moscati per farsi prestare le cure con una ferita al braccio destro per un colpo d'arma da fuoco. La sparatoria in cui era rimasto ferito fu individuata dalla Squadra mobile secondo le indicazioni fornite dalla persona offesa grazie al riferimento di alcuni bossoli: un colpo sparato frontalmente, a distanza ravvicinata. Un’azione fulminea per punire un affronto. Nel nosocomio sono giunti gli investigatori della Squadra Mobile, ma la vittima non fu in grado di fornire nessun elemento per risalire al suo sicario. Gli accertamenti coordinati dal pm Sansobrino, però, hanno poi permesso di trovare la quadra alla vicenda: i poliziotti, così, si sono presentati alla porta per mettergli le manette e condurlo nel carcere di Taranto.

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