TARANTO - Ancora un weekend di violenza in carcere a Taranto ai danni di poliziotti penitenziari che sono stati costretti alle cure del pronto soccorso, come riportato dal sindacato Sappe. Nel reparto femminile una detenuta con problemi psichiatrici da poco trasferita dal carcere di Lecce, senza alcun motivo ha aggredito una poliziotta e ha tentato di uccidersi, tentativo fortunatamente sventato dal personale in servizio.
Lo stesso giorno, un giovane detenuto di origini siciliane da poco giunto dal carcere di Melfi, sottoposto a vigilanza particolare poiché responsabile di numerosi episodi di violenza, ha attirato l’attenzione del poliziotto di servizio colpendolo con un pugno.
«A questo punto il Sappe si chiede cosa debba ancora accadere nel penitenziario del capoluogo Jonico prima che i vertici dell’amministrazione penitenziaria intervengano - si legge in una nota - Ci sono state interpellanze parlamentari, incontri con prefetto, sindaco, esposti alla procura della repubblica di Taranto, ma nulla si muove, perché? Si è forse in attesa di eventi cruenti come l’evasione in massa dei detenuti, la morte di qualche poliziotto, l’incendio del carcere per intervenire?
L’assordante silenzio dei vertici del DAP sul carcere di Taranto è inaccettabile, poiché non si possono abbandonare al loro destino fedeli servitori dello Stato che, rischiano giornalmente la pelle per tutelare le istituzioni che sono completamente assenti. Come è possibile che si continui a riempire come un uovo il carcere di Taranto arrivato a circa 800 detenuti, con un personale di polizia penitenziaria appena sufficiente per gestirne 350? Eppure le statistiche parlano chiaro per cui ad una media nazionale di 0,66 poliziotti per detenuto, a Taranto si scende a 0,36 poliziotto per detenuto.
Ciò vuol dire che per far fronte all’emergenza e riportare un minimo di legalità, sarebbero necessari almeno 200 poliziotti. Il Sappe perciò rinnova il suo appello alla Magistratura di Taranto per spezzare questa catena che costringe tanti poliziotti a lavorare in condizioni dantesche, senza alcuna protezione o prevenzione, e senza sapere se alla fine del turno potranno ritornare o meno a casa (vivi)».