TARANTO - Per non divulgare foto compromettenti aveva chiesto alla collega di lavoro del denaro: richieste sempre più alte e insistenti fino ad arrivare a pretendere una somma complessiva di ben 4mila euro. Denaro per rovinarle la vita e la vita familiare.
È stato condannato a 2 anni, con sospensione della pena, un 34enne tarantino accusa di estorsione ai danni di una collega. È stato il giudice Benedetto Ruberto a emettere la sentenza al termine del processo con rito abbreviato: il pubblico ministero Francesca Colaci aveva chiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi, ma il difensore dell’imputato, l’avvocato Giuseppe Leoni, è riuscito a ottenere una pena lievemente inferiore e soprattutto la sospensione condizionale: un risultato ottenuto anche grazie al risarcimento del danno nei confronti della vittima e alle scuse formali chieste attraverso una lettera inviata alla donna.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini partite dopo la denuncia della donna il 34enne, non è chiaro in che modo, aveva ottenuto foto che potevano minare la serenità della vita privata della donna e per non diffonderle sulla rete e nei servizi di messaggistica, aveva chiesto il pagamento della somma di denaro: la donna, terrorizzata, aveva inizialmente accettato di pagare la somma di 200 euro sperando che fossero sufficienti a chiudere quell’incubo. Ma così non era stato. Dopo qualche tempo, infatti, il 34enne era tornato alla carica con nuove richieste di denaro: pretese che hanno esasperato la donna che tuttavia ha trovato il coraggio di denunciare tutto alle forze dell’ordine.
Le indagini coordinate all’epoca dal sostituto procuratore della Repubblica Raffaele Graziano, hanno permesso di individuare anche un complice dell’uomo: si tratta di un 57enne anch’egli dipendente della società per cui lavoravano gli altri colleghi e secondo l’accusa avrebbe consentito che il denaro pagato dalla vittima fosse accreditato sulla Postepay intestata a lui, ma utilizzata dal 34enne. Un supporto che ha fatto ipotizzare anche nei suoi confronti l’accusa di concorso in estorsione. Il complice ha scelto di essere giudicato con rito ordinario e nei suoi confronti il giudice Ruberto ha disposto il rinvio a giudizio: sarà quindi un processo a stabilire il suo ruolo nella vicenda e le eventuali responsabilità penali.
I fatti contestati dagli inquirenti risalgono al periodo compreso tra l’aprile e maggio 2021: un calvario di sofferenze per la donna, una 43enne della provincia di Taranto, che infine ha scelto di affidarsi allo Stato. A distanza di quasi due anni la vicenda è giunta a un punto fondamentale: una condanna in primo grado e l’apertura di un processo. Ora saranno i successivi gradi di giudizio a confermare o meno questa ricostruzione processuale.