TARANTO - Su 300 aziende controllate, circa duecento, pari all'80 per cento, sono risultate irregolari. Per non parlare del lavoro nero, riscontrato in quaranta casi, o delle carenze in materia di sicurezza.
È un bilancio a tinte fosche quello presentato a fine anno dal Nucleo carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro di Taranto, paladino della tutela del lavoro in tutte le sue forme.
Nel corso del 2022 i militari hanno ispezionato circa 300 aziende della Provincia, riscontrando irregolarità in oltre 200, ossia circa l’80% del totale, e contestando sanzioni penali e amministrative per un ammontare complessivo di circa due milioni di euro. Contestualmente hanno disposto la sospensione dell’attività imprenditoriale in oltre 40 aziende perchè al loro interno hanno riscontrato la presenza di lavoratori impiegati in "nero" o gravi carenze in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Violazioni di non poco conto che hanno determinato la denuncia di oltre 100 persone, presunte «responsabili di violazioni penali in materia di lavoro o di legislazione sociale».
Controlli del Nil anche in materia di Reddito di cittadinanza. In questo caso sono state esaminate, con la cooperazione dei reparti territoriali dell’Arma, le domande di centinaia di percettori di RdC, che hanno comportato la denuncia all’autorità giudiziaria di numerosi soggetti non aventi diritto e, contestualmente, il recupero delle somme di denaro illecitamente percepite dagli stessi.
«Il Nucleo specializzato di Taranto del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, in sinergia con i reparti dell’Arma dei Carabinieri della Provincia e al personale dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro - è la promessa del Nil - proseguirà incessantemente anche nel corso del nuovo anno nella propria attività a tutela dei lavoratori e delle aziende virtuose attuando una ferma attività di contrasto delle realtà criminali che reclutano manodopera “in nero” a basso costo tra le fasce più deboli e bisognose della società sottoponendola a condizioni di sfruttamento e, nei casi più gravi, di vera e propria schiavitù per massimizzare i profitti abbattendo in tutto o in parte costi del lavoro, ottenendo così illecitamente vantaggi concorrenziali che determinano un danno al lavoratore e all’intera economia».