il siderurgico
Taranto, produzione ex Ilva ai minimi storici (e in 4mila a casa)
L’Inps, dopo l’esposto della Fiom Cgil, ha avviato un'ispezione in fabbrica sull’uso degli ammortizzatori sociali, e da oggi si fermano altri impianti
TARANTO - Cambia la causale ma non la sostanza. Scatta oggi una nuova fase di cassa integrazione per i dipendenti dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto, gestito dal novembre 2018 da ArcelorMittal.
L’ammortizzare sociale riguarderà, come in precedenza, un numero massimo di 8.150 addetti, si tratterà di cassa integrazione ordinaria e non con casuale Covid-19 e durerà 13 settimane. In sostanza, si torna alla stessa tipologia di ammortizzatore sociale che ArcelorMittal - seppur con un numero decisamente più basso di dipendenti coinvolti - usa ininterrottamente da luglio 2019, motivandolo con la crisi del mercato dell’acciaio.
La cassa integrazione che parte oggi, peraltro, potrebbe cambiare casuale, cioè tornare Covid-19, se le norme lo permetteranno. Anche in questo caso l’amministratore delegato Lucia Morselli ha deciso di andare avanti per la sua strada in perfetta solitudine, facendo a meno dell’intesa con le organizzazioni sindacali. Le posizioni tra le parti restano distanti e ArcelorMittal continua a non accettare la richiesta delle sigle metalmeccaniche di integrare economicamente la cassa che così come viene prevista, garantisce ai lavoratori una media di soli 8-900 euro al mese.
Peraltro, sulla gestione della cassa integrazione dopo la Procura di Genova, che ha aperto una inchiesta a seguito di una denuncia presentata dalla Fiom Cgil, ora ha acceso i riflettori la sede Inps di Taranto che ha avviato una ispezione nel siderurgico, Da oggi, inoltre, a Taranto chiudono per ferie sino al 16 agosto prossimo tutti gli uffici di staff della direzione ArcelorMittal e si fermeranno una serie di impianti: Treno Lamiere, Decapaggio, Decatreno e Zincatura 1 e 2. L’azienda ha fatto sapere, tramite una nota affidata alla nuova agenzia di lobbyng e comunicazione reclutata dalla Morselli, che i reparti elencati saranno fermati «per finalizzare interventi di ordinaria manutenzione». La fabbrica resterà pertanto in attività con una parte dell’area a caldo: gli altiforni 1 e 4 e l’acciaieria 2. Continuano a restare fermi, e lo sono ormai da metà marzo, l’altoforno 2 e l’acciaieria 1.
Secondo l’Usb, con le nuove fermate il numero di cassintegrati a Taranto si assesterà intorno alle 4 mila unità, la metà dell’organico.
Segna il passo, nel frattempo, invece, la trattativa tra ArcelorMittal e Governo sul riassetto del gruppo, con l’ingresso dello Stato nel capitale sociale tramite Invitalia che effettuerà un coinvestimento insieme al privato. Partita giorni fa la due diligence su conti e stato dell’azienda al fine di determinarne il valore, è ormai scontato che una fase più concreta di trattativa potrà esserci solo dopo la pausa feriale e molto probabilmente anche dopo le elezioni regionali che in Puglia si svolgeranno il 20 e 21 settembre. Rispondendo ai sindacati che da settimane chiedono insistentemente una convocazione al Mise su ArcelorMittal, il ministro Stefano Patuanelli ha detto che non serve «convocare un tavolo tanto per» e che le convocazioni si fanno quando ci saranno «novità da comunicare o scelte da fare assieme alle parti sociali».