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A Brindisi c'è «la falegnameria dei rifugiati»: quando il lavoro è integrazione

A Brindisi c'è «la falegnameria dei rifugiati»: quando il lavoro è integrazione

 
Antonio Portolano

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Antonio Portolano

A Brindisi c'è «la falegnameria dei rifugiati»: quando il lavoro è integrazione

A Tuturano si formano 10 artigiani da Pakistan, Sudan, Mali e Afghanistan

Giovedì 04 Maggio 2023, 07:00

BRINDISI - Nome in codice «Reinser», acronimo di «Refugees economic integration through social entrepreneurship», prende forma a Tuturano in quella che si può definire «La falegnameria del rifugiato». Un progetto destinato all’emancipazione - attraverso l’apprendimento di un lavoro oltre che della lingua - per rifugiati che così potranno integrarsi in questo Paese. Il progetto pilota - finanziato dal programma Interreg Adrion, è un piccolo miracolo dell’integrazione e tra la fine di maggio e il mese di giugno porterà alla formazione completa di 10 falegnami che saranno a disposizione del mercato del lavoro, o che addirittura potranno - sulla base della formazione e della successiva assistenza - intraprendere la professione di artigiano e mettersi in proprio.

Il cuore di questo miracolo dell’integrazione è il Sai - Sistema accoglienza integrazione (ex Sprar) - di Tuturano gestito dalla Società cooperativa sociale a mutualità prevalente Solidarietà e Rinnovamento (Solerin) la quale è la capofila del progetto che coinvolge Meridia (Società cooperativa sociale) ed il Cefas (Centro di formazione e alta specializzazione).

La Solerin ha partecipato e vinto il bando pubblico del programma nazionale a cui ha aderito l'Amministrazione comunale di Brindisi.

«Gestiamo il Sai di Brindisi (Sistema accoglienza integrata che rientra nel sistema nazionale di accoglienza secondaria per persone che sono in fase di inserimento e inclusione sociale dai 6 mesi a coordinato dal Servizio centrale nazione del Ministero dell’Interno e Anci) - spiega Maurizio Guadalupi presidente di Solerin e coordinatore di questo progetto sperimentale - cercando di offrire nuove forme di partecipazione e formazione per migranti nel territorio di Brindisi. Si tratta di rifugiati e richiedenti asilo coloro i quali secondo la Convenzione di Ginevra sono stati costretti a fuggire per fame o guerra o ancora per via di persecuzioni (coloro che sono forzati a fuggire)».

Come nasce questo progetto?

«Non è il primo che facciamo. Siamo partiti nel 2014 con l’accoglienza di 28 persone aggregati in nuclei familiari e nuclei monoparentali (mamme con figli) a Tuturano ospitandoli in singoli appartamenti. Nel recente passato abbiamo fatto un corso per formare 15 giardinieri alcuni dei quali hanno trovato un lavoro. All’interno del Sai c’è un laboratorio di falegnameria e abbiamo strutturato questo progetto sperimentale. Avremmo voluto fare molto di più perché a fronte di 10 posti disponibili e 10 riserve (in caso di defezioni) abbiamo avuto un numero altissimo di richieste, più di 75 e non riuscivamo ad assolverle tutte per quanto avremmo voluto».

Al di là della sofferenza subita si respira un aria positiva tra i partecipanti.

«Sì, c’è un grande entusiasmo e una bella partecipazione e sono tutti molto affiatatati».

Chi vi partecipa?

«Da Jamal del Pakistan ad Haron del Sudan, da Kane del Mali a Kharim del Ghana, da Moammed del Gambia a Safi dell’Afghanistan ad Adam dal Sudan, sono in tutto 10 persone: quattro donne e sei uomini dell’età media di poco superiore ai 20 anni».

Come è strutturato il corso?

«Il percorso prevede un corso teorico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro (la falegnameria è un luogo pericoloso); poi c’è un corso da 200 ore di falegnameria in laboratorio; un corso breve di italiano tecnico - molti di loro lo parlano già - su materie e attrezzature di falegnameria. E ancora c’è un percorso di orientamento e coaching di 150 ore per fare un bilancio delle competenza per bilancio e comprendere su quali prospettive investire. E se uno può fare anche da sé. Noi intanto stiamo creando una banca dati delle falegnamerie di Brindisi da contattare e con cui stringere protocolli per fare accompagnamento a lavoro basato sull’esperienza diretta a lavoro dando contributo simbolico di 1200 euro per le ore svolte con l'impegno, se ritengono la persona valida al termine del percorso, di assumerla. Inoltre stiamo svolgendo il monitoraggio di tutta l'attività e abbiamo esperti e consulenti del lavoro per chi vuole fare attività imprenditoriale in proprio. Un percorso che accompagneremo fornendo assistenza continua e l’uso della falegnameria in fase di start up dal momento che sono costi importanti nell’avvio dell’impresa».

C’è qualcuno che vuol già fare da sé.

«Sì, c’è una delle nostra allieve pakistane che è brava come designer, è un’artista ed ha intenzione di mettersi in proprio con un laboratorio».

Anche gli altri non scherzano e avete già delle commesse importanti.

«Abbiamo delle commesse per attrezzare spazi pubblici. Come le case di quartiere della città di Brindisi del Cag Paradiso: stiamo attrezzando il giardino con panchine, tavolini, casetta giochi per bambini in legno e stiamo provando a costruire un gazebo con la consulenza dell'Ufficio tecnico del Comune, una attività utile di arredo urbano insomma. Tra gli istruttori persone competenti di arredi urbani».

I formatori sono particolarmente importanti. Chi si adopera in questo progetto?

«Abbiamo 2 istruttori. La cosa bella è che il capo è un migrante rifugiato macedone che si è stabilito a Brindisi e lavora per Cefas e un altro falegname di professione brindisino. Poi ci sono un tutor (che è anche mediatrice interculturale sociologa)».

Quanto è complesso questo lavoro di integrazione?

«Quello dell'inclusione è un lavoro molto difficile spesso un anno non basta per fare alfabetizzazione della italiana ed un onere gravoso è quello rappresentato della salute. Non è facile intervenire spesso molti non hanno nella cultura il concetto della cura psicologica e provengono da posti drammaticamente crudeli. I nostri ragazzi i pakistani ad esempio provengono dai campi profughi che si sono creati negli anni soprattutto dopo l’abbandono dell’area da parte degli Stati Uniti. A Brindisi grazie al lavoro hanno ritrovato l’entusiasmo e la voglia di partecipazione».

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