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A San Giovanni, né con Putin né con la Nato

 
Valentina Petrini

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Valentina Petrini

A San Giovanni, né con Putin né con la Nato

Questa piazza che dice no al sesto invio di armi, sa che il Parlamento dirà di sì

Domenica 06 Novembre 2022, 13:02

Tacciano le armi, negoziato subito. Roma, sono le 13, Piazza Repubblica è già piena. «La pace deve essere possibile» ripete un signore al megafono con la felpa della Fiom Cgil mentre si fa spazio tra i manifestanti. La testa del corteo intanto è già su via Cavour. Risalgo il serpentone piano piano, per guardare i volti, le bandiere, ascoltare gli slogan di chi è giunto a Roma da tutta Italia per la pace. «Non abbiamo paura di dire con forza la parola pace» ripetono. E poi anche: Ucraina violentata, aggredita dalla Russia, profughi costretti a fuggire ed abbandonare le proprie case. L’aggressore e l’aggredito sono ben chiari, concetti noti, ma si percepisce l’ossessione di volerli specificare, per non prestare il fianco, non essere fraintesi da chi anche oggi ha guardato con diffidenza alla marcia per la pace.

Il governo Meloni, in continuità con quello Draghi, si appresta a varare il sesto decreto armi per sostenere la resistenza ucraina. Domando: vi accusano di essere equidistanti, di chiedere la pace al prezzo dell’Ucraina in ginocchio. «Non siamo equidistanti. Non sono equidistante. Ma siamo comunque traditori, a quanto pare vogliamo una pace impura. Ma la pace nasce dalla guerra, non è mai pura». C’è un’atmosfera colorata, festosa. Un drappo di cinquanta metri con la bandiera della pace in arrivo da Assisi attraversa il corteo. Sventolano anche le bandiere del sindacato, di Sant’Egidio, delle Acli, le donne in nero, gli studenti, i Medici per la democrazia. E poi le storiche sigle per il disarmo, «trecentosessantacinque giorni all’anno, non solo quando esplode un conflitto». Domina su tutti un solo canto: Bella ciao. Ma anche, né con Putin né con la Nato. «Nel Mediteraneo già circolano sommergibili con testate nucleari. Basta con le spese per le armi. Basta invio in Ucraina e ovunque nel mondo».

Mi fermo a parlare soprattutto con chi non ha il ruolo dell’organizzatore. La sensazione è che sia più libero di non pesare le parole. «​Rischio di un conflitto mondiale. Bomba sporca, sabotaggi a gasdotti, la guerra cibernetica è già iniziata e noi siamo equidistanti?». «Parlare ai russi e alle loro coscienze è essenziale. No all’equazione Putin uguale popolo russo». «Zelensky: dice che si arriva alla pace isolando la Russia e sconfiggendo in battaglia. Non sono nessuno per dire agli ucraini qual è la pace giusta. Ma perseguire la pace solo a patto di annientare i russi non è la via della pace, è la via della guerra fino alla caduta definitiva di uno dei due. Non sono d’accordo». Qualcuno rivendica: «Mi scusi ma siamo o no anche noi coinvolti in questa guerra? Non stiamo sostenendo solo a parole la resistenza ucraina. Li stiamo armando. E allora su come e quando raggiungere la pace abbiamo o no il diritto di parola?».

Chiedo: perché dire che il Consiglio di sicurezza ONU dovrebbe chiudersi come in un conclave vaticano fino alla fumata bianca, è eversivo? «Non lo è infatti». Perché chi parla di pace è accusato di voler ripudiare la resistenza ucraina? In che modo l’auspicio della pace e l’indicazione di perseguirla è un tradimento? «Siamo ancora fermi alla contrapposizione tra aggredito e aggressore. Mi sembra francamente ridicolo a 9 mesi dall’inizio del conflitto. Poi è la diplomazia che deve entrare nel merito di quale pace è possibile. Non accetto provocazioni però».

Risalgo il serpentone. Vedo Giuseppe Conte, Luigi De Magistris, Alessandro Di Battista, Michele Emiliano. Quando arrivo in testa al corteo, c’è il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, si becca anche qualche fischio. «Perché è in prima fila?». È arrivato anche Enrico Letta, non l’ho visto ma il passaparola amplifica la notizia. Del Pd c’è anche Gianni Cuperlo e Stefano Bonaccini. Non c’è dubbio che gli esponenti del Pd nella manifestazione di Roma, siano il gossip più gettonato. In molti discutono se la loro presenza sia o no opportuna. Perché? Chiedo. La pace può essere declinata in molti modi. «Io non sono pacifista, sono contro la guerra, disse un giorno Gino Strada» mi ammonisce una donna con la bandiera di Emergency. Ricordo bene questa sua frase, rispondo. Strada spiegò poi in un’intervista di averlo detto dopo aver visto grandi manifestazioni in Italia per la pace con un sacco di persone e politici che si dichiaravano pacifisti e poi all’improvviso di fronte alle scelte da fare giustificavano la guerra.

«Questa forma di pacifismo sempre aperta alla guerra la trovo assurda, la trovo ipocrita - disse anche - Essere contro la guerra è una cosa molto più profonda che prescinde da chi fa la guerra, per quale ragione, per quale causa. Cervelli sviluppati devono essere in grado di ripudiare la guerra». Firmato Gino Strada. Perché ha voluto ricordarlo, mentre le chiedevo della presenza del Pd? «Perché si è contro la guerra, sempre. - mi risponde l’attivista di Emergency. - Perseguendo la via del disarmo totale. Abolendo i finanziamenti per l’industria delle armi. Non si può votare in un modo in Parlamento e venire in piazza a sfilare dietro le bandiere della pace». Ora siamo arrivati a Piazza San Giovanni. Dal palco iniziano gli interventi. C’è una diapositiva che resta: la piazza che dice no al sesto invio di armi e il Parlamento che probabilmente, invece, dirà ancora una volta sì, anche se c’è una nuova maggioranza politica.

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