Una competizione sotterranea (per ora) segnerà gli ultimi mesi di mandato dei pentastellati ormai senza nessuna certezza per le prossime elezioni. Perché questo clima rovente? Ecco spiegato: due, al massimo tre, se si deciderà di arrotondare per eccesso ma, a conti fatti, sarà praticamente impossibile che tutti i componenti del gruppo regionale del M5S possano essere tutti ricandidati, in base alle nuove regole dello statuto appena votato. E questa inquietudine non è una buona notizia per la navigazione della maggioranza in consiglio regionale, spesso sostenuta dalla stampella dei lealisti contiani.
Attualmente, in via Gentile, a sedere tra i banchi del Movimento sono cinque eletti: esclusa la due volte candidata governatrice Antonella Laricchia, che da tempo ha annunciato il proprio addio alla politica attiva, alla fine di questo mandato e che è in aperta polemica con i vertici romani sin dall’avvio della legislatura a causa dell’appoggio al governo Emiliano, a non sapere quale sarà il proprio destino elettorale restano in quattro.
Si tratta del capogruppo Marco Galante, dell’ex vicepresidente del Consiglio regionale Cristian Casili, dell’ex assessora al Welfare Rosa Barone e dell’ex consigliera delegata alla Cultura Grazia Di Bari. Sebbene la regola del no definitivo al terzo mandato sia stata rivista durante l’assemblea costituente del Movimento nei mesi scorsi e quindi sia possibile continuare a correre in deroga per la stessa istituzione, è vero anche che esistono alcuni paletti, come la regola del 5% ovvero è possibile per gli uscenti ricandidarsi nella misura, appunto, del 5% del totale dei seggi disponibili.
Per il Consiglio regionale, le ipotesi sono due ovvero, se l’assemblea restasse a 50 eletti, i ricandidabili sarebbero 2,5; se, invece, scendesse a 40, sarebbero 2. Ipotizzando che quel 2,5 salga a 3, almeno uno dei 4 sarebbe fuori.
«Una decisione andava presa, una regola andata seguita – spiega il parlamentare pentastellato Gianmauro Dell’Olio – non so perché abbiano scelto il 5%, ma, come per tutte le decisioni, le deroghe creano la necessità di trovare un punto di mediazione tra le cose. Nel momento in cui hanno fatto quella regola chiaramente non hanno pensato solo a Bari, ma avranno pensato che il 5% fosse un numero adeguato per evitare di avere troppe ricandidature».
Quel che è certo è che, al netto delle dichiarazioni ufficiali, l’umore, all’interno del gruppo, pare non essere dei migliori, in merito alla questione. Quando, lo scorso anno, il presidente Giuseppe Conte scelse di rompere con il governo di Michele Emiliano, gli esponenti pentastellati che ricoprivano incarichi (3 su 4) furono costretti a fare un passo indietro. Oggi la velata richiesta è che a quel «sacrificio» dovrebbe corrispondere una sorta di indennizzo, appunto con la ricandidatura.
Per adesso, però, in via Gentile, si preferisce prendere tempo. «Prima di questa regola – conferma Casili – nessuno di noi poteva essere candidato, quindi gli iscritti hanno voluto fare un passo in avanti, per cercare di costruire una classe dirigente. Una norma che è stata votata e che abbiamo supportato, io ho votato favorevolmente. È chiaro che il 5% può risultare una piccola percentuale, ma vale per tutti». Per quanto riguarda, in maniera più specifica, il proprio futuro, Casili si definisce «sereno, sia nell’una che nell’altra ipotesi» ovvero che la candidatura ci sia oppure no, «anche perché tutti quelli che possono essere oggetto della deroga, hanno altre possibilità di essere candidati». Possibilità di abbandono del Movimento? «Per quanto mi riguarda si seguirà sempre un percorso accanto al M5S» taglia corto.
Di Bari raccomanda prudenza. «Aspetterei le decisioni che verranno prese in questo senso – chiarisce – dopo di che valuterò il da farsi, non serve farlo in via preventiva, non sappiamo nemmeno quando andremo a votare e quindi è prematuro prendere altre decisioni». E, sulla possibilità di un impegno politico al di fuori del Movimento, la consigliera taglia corto: «Sinceramente non ho pensato a questa eventualità, non credo si possa concretizzare come evenienza».
Anche Barone, che i rumors danno per l’unica certa di essere ricandidata, si appella alla prudenza. «Dobbiamo ancora incontrarci e valutare la situazione, ma credo che il lavoro di tutti e quattro sia stato importante».
E intanto, pare proprio in dissenso rispetto alle regole sulle ricandidature – in particolare sembra relativamente al Codice etico - il sindaco di Noicattaro Raimondo Innamorato ha presentato le proprie dimissioni sia da coordinatore provinciale che da consigliere nazionale del Movimento. Secondo alcune ricostruzioni la rottura si legherebbe a mancate garanzie sulle sue prossime candidature. Altri ipotizzano un dialogo con Azione, altri problemi personali o legati al mandato amministrativo.